Medici e infermieri arrivati dall'Ucraina lavoreranno a Rimini

Gli Ordini dei Medici e degli Infermieri di Rimini non saranno coinvolti direttamente nel controllo dei professionisti sanitari ucraini che da martedì possono esercitare nel nostro Paese fino al 4 marzo dell’anno prossimo. Anche se non tutto è ancora definito in maniera precisa. «L’Ordine non dovrebbe essere coinvolto, come accade ora per tutti i professionisti sanitari che sono stati assunti per l’emergenza Covid – spiega Nicola Colamaria, presidente dell’Ordine degli infermieri di Rimini –. Questi professionisti hanno potuto inserirsi in apposite liste regionali e candidarsi. L’unico requisito richiesto era l’iscrizione all’albo del Paese di appartenenza e si bypassava l’Ordine italiano, il riconoscimento del titolo e l’esame della lingua italiana. In questo caso posso ipotizzare che il percorso sarà simile».

Dubbio vaccini

Suscita qualche perplessità «l’aspetto legato alla vaccinazione, perché sappiamo che la percentuale di vaccinati in Ucraina è molto bassa rispetto alla nostra – aggiunge –. Per esercitare, questi colleghi dovranno essere assoggettati al medesimo obbligo vaccinale che c’è per i professionisti sanitari italiani? Questo non è chiarissimo, per cui bisogna aspettare i prossimi giorni affinché il ministero o le federazioni degli ordini chiariscano questa questione». «Da questo decreto si capisce che saremo solamente informati dei sanitari che saranno assunti da strutture pubbliche o private con dei contratti a tempo determinato – gli fa eco Maurizio Grossi, presidente dell’Ordine dei medici di Rimini –. Non entriamo nel merito della validità della laurea e della conoscenza della lingua italiana. Non si fa accenno a nulla di questo».

Lauree valide

E se «le lauree mediche e infermieristiche delle università statali in Ucrania sono sicuramente valide, quello che è importante è avere la conoscenza base della lingua italiana, se è vero che la cura è fatta di colloquio, incontro e consenso – osserva –. Ma non penso che ci siano numeri altissimi, perché servono nel loro Paese e sono rimasti nei loro ospedali, anche se sotto le bombe». La prima fase dell’accoglienza dei profughi ucraini in Emilia Romagna «non è ancora conclusa, ma ci impone, per evitare punti di rottura, di passare a una fase più strutturata di accoglienza e integrazione». A sostenerlo è il Forum del Terzo settore dell’Emilia Romagna, che chiede la convocazione «immediata di tutti i soggetti interessati nei 38 distretti della regione, compresi quelli indicati nell’articolo 31 del decreto Emergenza Ucraina del 21 marzo, per condividere e dare conseguenza operativa all’accoglienza». In particolare, il Forum rimarca la necessità di attivare un «adeguato sostegno economico ai Sistemi di accoglienza e integrazione e anche di supporto alle famiglie che accolgono».

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