Marco Sabiu lancia il progetto di un'orchestra giovanile
“AAA cercasi musicisti”: è un appello inconsueto con i tempi che corrono per la cultura, quello lanciato da CosaScuola Music Academy, ma è in linea con quanto l’accademia fondata da Luca Medri fa da decenni, promuovendo l’amore per la musica nei giovani e cercando di dare ai suoi studenti le ali per entrare in un mondo lavorativo affascinante ma complesso. Il progetto “Una Fabbrica di musica” di CosaScuola in collaborazione con il Mei di Faenza mira proprio a creare un’opportunità, si spera anche lavorativa, a giovani fra i 15 e 34 anni, musicisti ma anche cantanti e attori e appassionati di scrittura e di tecniche della comunicazione. Lo fa gratuitamente, grazie al contributo dell’assessorato alle Politiche Giovanili del Comune di Forlì guidato dall’assessora Paola Casara, e con un obiettivo di tutto rispetto: formare dall’8 febbraio un’orchestra ritmico-sinfonica con cantanti, che possa reggere i ritmi televisivi e con un vero ufficio stampa. Di altissimo livello i formatori: Umberto Scida, “re” dell’operetta, lo scrittore Federico Bellini e, sul podio, Marco Sabiu, forlivese, direttore dell’orchestra del Festival di Sanremo nel 2010, 2011 e 2012, mentre non si contano le collaborazioni illustri: da Ligabue e Pavarotti e Morricone.
«Cerchiamo di portare buone vibrazioni in un periodo molto problematico – spiega Marco Sabiu –. Da anni parliamo di questa idea con Medri e ora, anche per uscire un po’ da questa situazione, abbiamo deciso di buttarci».
C’è una buona risposta?
«Direi di sì: per ora abbiamo sette cantanti e una trentina di musicisti, provenienti non solo da Forlì, da Istituto musicale “Masini”, Liceo statale “Canova”, e CosaScuola, ma anche da altre parti della Romagna, tutti giovanissimi, il più piccolo ha 13 anni, e tutti molto carichi. Vogliamo formare un’orchestra in cui l’ensemble ritmico e la sezione sinfonica permettano di coprire qualunque genere: dal sottofondo allo stacco d’ingresso per un ospite… sia in televisione che a teatro, e preparare i ragazzi a entrare in un mondo lavorativo in cui occorre saper fare un po’ di tutto».Ed è anche la loro aspettativa?
«Sì, anche se hanno pochissima esperienza e per molti questa è la prima volta che suonano insieme e con il “click”, il metronomo in cuffia, che permette di sincronizzare parte dal vivo e supporto elettronico».Sembra difficile…
«Ma è la strada obbligata: la tecnologia oggi è irrinunciabile, e i ragazzi se ne accorgeranno se andranno a suonare in Rai o a Canale 5… Ma vogliamo anche prepararli agli imprevisti, perché lavorare a un certo livello è un percorso a ostacoli. Suonando pop, rock, musica leggera in genere, devono essere pronti ad affrontare qualsiasi situazione!».Quindi certo, l’idea è divertirsi ma anche proiettare questi musicisti verso il futuro.
«Che non necessariamente sarà in Italia: se vuoi inseguire questo lavoro, devi essere pronto un po’ a tutto. L’importante però è stare bene, fare le cose con entusiasmo, non smettendo di sorprendersi di quello che si fa».E lei, maestro, sorprese ne sta avendo da questi ragazzi?
«Una su tutte, che mi ha colpito molto: ascoltano musica degli anni ’70, perché per imparare la preferiscono. Oggi la musica non ha più un valore commerciale: la si può ascoltare sulle piattaforme e spesso rappresenta solo un sottofondo, per cui il livello si è abbassato molto. Forse è per questo che i nostri ragazzi, che invece la musica la conoscono e vorrebbero farla, vanno indietro nel tempo, e cercano qualcosa che li faccia divertire per la sua bellezza, per la sua valenza quasi… mistica!».Musica anni ’70, va bene, ma i Maneskin sono Terzo millennio.
«Hanno fatto cose che nessun altro era riuscito a fare, e poi hanno un frontman molto bravo ma anche un management potentissimo alle spalle, il che spiega un successo così rapido. Il rischio? Poter arretrare altrettanto velocemente, ma bisogna riconoscere loro un merito: anche per altri artisti italiani, hanno riaperto porte che si erano chiuse».Info: 0543 818173