Mani pulite in Romagna 30 anni dopo

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L'inchiesta della Procura di Forlì e della Dda di Bologna ha causato un terremoto in Romagna ancora alle prese con le ferite dell’alluvione. Se le accuse ai 34 imputati saranno confermate da una sentenza, emergerebbe un quadro inquietante di illegalità diffusa. A parte le responsabilità dei singoli, sorge spontanea una domanda: anche se in piena emergenza Covid, com’è possibile che chi maneggia soldi pubblici non abbia sospettato nulla? Sono milioni di euro in mascherine, non di bruscolini.
Per natura non amo scagliarmi contro chi cade in disgrazia. L’Italia è il Paese delle corse per salire sul carro del vincitore, dei commissari tecnici della nazionale che si moltiplicano dopo una sconfitta. Oggi scendono in campo gli indovini del giorno dopo: «Io l’avevo detto» e così via.
Trent’anni fa, in piena Tangentopoli, mi furono affidati due articoli spinosi. Il primo riguardava il presidente di un consorzio. Quando uscì dal carcere nessuno in redazione voleva intervistarlo, temendo una porta in faccia. Così toccò al sottoscritto e mi ringraziò per non aver mancato di rispetto alla sua persona, riportando anche la tesi della difesa.
Il secondo su Raul Gardini, morto suicida a Milano. Era coinvolto nello scandalo Enimont, la madre di tutte le tangenti: 150 miliardi di lire. Confesso di aver ammirato la spavalderia del “Contadino”, del “Corsaro”, “La chimica sono io”, le regate del Moro di Venezia. Per inquadrare il personaggio lessi il libro di Giuseppe Turani e Delfina Rattazzi che riporta una battuta in dialetto del poeta romagnolo Lorenzo Stecchetti: “As avessum d’anghè, ma as divertissum” (Stavamo per annegare, ma quanto ci siamo divertiti!). Ravenna ha dedicato una via a Raul Gardini.
Un maestro di giornalismo mi consigliò di non seguire il gregge di “Estad todos caballeros”. L’ho ascoltato e non mi sono pentito.

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