"Lugocontemporanea": parla il direttore John De Leo

“Man at war” sarà il tema, attualissimo, attorno al quale si dipanerà la 18ª edizione di Lugocontemporanea in programma al Pavaglione, nel centro storico di Lugo, oggi e domani 15 luglio. C’è grande attesa, in particolare, per l’ospite d’eccezione della rassegna, il leggendario sassofonista Steve Coleman, che si esibirà nella serata di apertura, il 14, insieme al celebre gruppo Five Elements.

Abbiamo chiesto di raccontarci qualcosa di più a John De Leo, fondatore dei Quintorigo, che oltre a occuparsi della direzione artistica di Lugocontemporanea, si è esibito il 9 luglio scorso a Sogliano sul Rubicone nell’ambito dell’anteprima Sponz Fest, il festival ideato e diretto da Vinicio Capossela.

De Leo, avete scelto un tema di grande attualità, la musica deve avere un ruolo sociale?

«La speranza è che possa averlo un ruolo. L’arte è una forma di resistenza, che serve per vedere le cose in un altro modo. Ogni anno, io e la mia socia Monia Mosconi, cerchiamo di raccontare l’attualità essendoci calati dentro. Questo tema vuole sottolineare che dacchè esiste l’uomo purtroppo esiste anche la guerra».

Come si esplica sul palco il concetto di “man at war”?

«Auspichiamo che la musica induca una riflessione. Non vogliamo condizionare gli artisti più di tanto. Gli diamo semplicemente un tema, che viene raccontato sul palco in modi non previsti o comunque interessanti, con la musica e le parole».

Oltre a Coleman come siete riusciti a mettere insieme un cast qualitativamente così di rilievo?

«È la nostra missione da sempre. Andare a scovare questa tipologia di artisti meno conosciuti al grande pubblico, che però sono dei veri e propri ricercatori, modificatori di linguaggio».

Si può conquistare il pubblico anche con una proposta culturale?

«Le persone quando possono godere di forme d’arte non diffuse spesso restano piacevolmente soddisfatte. Sarebbe più facile per noi coinvolgere nomi di richiamo, quelli con milioni follower. La nostra missione è prenderci dei rischi. Tra gli ospiti di quest’anno ci sono per esempio Simone Graziano o Roberto Gatto, con il progetto tra jazz e rock “Progressivamente”, artisti che si prendono i propri rischi e sono sicuramente di qualche utilità all’arte».

Comunque andrà sarà un successo?

«Al di là del piagnisteo penso che anche il nostro terzo socio e amico Franco Ranieri, personaggio fondante di Lugocontemporanea, mancato nel 2020, sarebbe contento. Il successo è che questa cosa si possa ancora fare. Speriamo che questi linguaggi siano sempre più familiari a tutti perché a tutti ci rivolgiamo. Se arrivano, lo spettatore ne rimarrà piacevolmente turbato».

Lugocontemporanea è un po’ l’antitesi della Notte Rosa?

«La Notte Rosa è utilissima, se non necessaria, ma abituandoci a quel tipo di cultura, peraltro legittima, c’è il rischio che cali il grado della percezione qualitativa. Ci si allontana sempre di più da forme espressive nuove, utili alla salute del nostro cervello».

Si è esibito il 9 luglio scorso allo “Sponz Fest” con Vinicio Capossela? Com’è nata questa collaborazione?

«Dato che fino a oggi sono riuscito a far credere di fare il cantante ho deciso di partecipare al festival. È stata una micro esibizione all’interno del concerto di Vinicio. Con lui siamo sulla stessa lunghezza d’onda, ma non avevamo mai fatto nulla insieme e questa è stata l’occasione giusta per unire le forze».

Cosa significa fare e proporre musica in questo particolare periodo storico?

«L’arte serve a scuotere le coscienze. La musica è un linguaggio trasversale, non può risolvere materialmente alcun problema. Sono sicuro però che si insinui in modi ineffabili nella zona più intima di noi».

Info: www.lugocontemporanea.it

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