Lucchi "È necessario uniformare narrazione e realtà dei fatti"

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Prima notizia: a giugno l’Italia rischierà di finire sotto pressione da Bruxelles per un motivo che, con gli occhi rivolti al passato più recente, a tanti parrà strano: la nostra economia è andata meglio di come si temesse quando, nell’estate del 2020, furono ripartite le risorse del Recovery Plan, mentre altri Paesi sono andati peggio. La nostra economia ha infatti chiuso il 2021 con un 2,6% in più di quanto avesse previsto la Commissione europea quando ci offrì un aiuto che per noi fu commisurato ad uno stato di sostanziale collasso economico. La Spagna è invece dell’1,3% al di sotto e la Germania lo è dello 0,5%. Il rischio è quindi che, alla prova dei fatti, una parte dei 221 miliardi di euro che ci sono stati assegnati un anno e mezzo fa, vengano redistribuiti a chi è rimasto più indietro. Non è una novità ed anzi le regole iniziali lo prevedevano: il 70% delle somme attribuite all’Italia è definitivo, mentre il restante 30% - circa 60 miliardi - potrebbe essere in parte rimodulato. Quella che si sta aprendo a Bruxelles sul Recovery Fund è quindi una partita delicata.

Seconda notizia: nei giorni scorsi i Sindaci di Roma, Milano, Napoli e Torino, hanno scritto riservatamente al Presidente del Consiglio ed al Ministro dell’Economia, per protestare sulla prima infornata di bandi dei circa 200 miliardi nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). Le loro critiche non sono rivolte al Governo, ma alle amministrazioni di vari ministeri (Istruzione, Interno e Lavoro, soprattutto), cadute in errori piuttosto goffi sull’allocazione dei fondi. Insomma, al via dei bandi si è subito visto che nella burocrazia c’è ancora chi lavora senza pensare a come ottenere risultati concreti. Il Governo ha già risposto ai Sindaci delle grandi città e si sta aprendo un confronto. Ma il campanello d’allarme sulla capacità dell’Amministrazione pubblica di mettere in pratica i progetti del PNRR, è suonato subito.

Terza notizia: gli undici mesi del 2022 che restano, peseranno moltissimo per il PNRR, oggi solo agli inizi. Nel 2021 sono stati stesi i programmi di massima, le grandi cornici delle riforme ed i primi bandi per progetti pubblici. Ma da adesso serviranno velocità e capillarità diverse. L’esame di un documento di Governo mostra come, oltre al lavoro quotidiano di dispiegamento dei bandi già lanciati, fra “traguardi” ed “obiettivi”, l’Italia nel 2022 abbia in agenda 99 appuntamenti, al rispetto dei quali sono vincolati i pagamenti europei. Di questi, sei sono per marzo, 38 per giugno ed i restanti entro l’anno. E di questo centinaio di azioni del 2022, circa un quarto ha un vero e proprio impatto politico. E qui scattano i timori relativi ad una gestione che, inevitabilmente corre il rischio di scontrarsi con l’imminenza della campagna elettorale per l’elezione del nuovo Parlamento.

Quarta notizia: tra la narrazione politica che va per la maggiore (“La nostra economia sta crescendo; siamo ormai la locomotiva d’Europa”) e la realtà quotidiana dei fatti per le imprese (una grande preoccupazione per l’aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia; una difficoltà diffusa a reperire personale capace di essere parte di processi di crescita e di innovazione che da tempo si auspicavano, che non sono frutto di improvvisazione, ma di programmazione ed attenzione ai costi), c’è la stessa differenza che passa tra il giorno e la notte.

La sintesi di queste 4 notizie? Le curve politicamente pericolose del Recovery e del Pnrr sono molte ed il motore dell’Amministrazione pubblica italiana pare non ancora all’altezza di un sistema imprenditoriale che, invece, sarebbe anche pronto a buttare il cuore oltre all’ostacolo, ma che non capisce se potersi fidare del tutto. Oggi, più di sempre, infatti, servirebbero lucidità e competenza; uniformità d’azione e strategie condivise. Le imprese romagnole lo sanno bene, poiché una parte significativa delle stesse sta investendo in processi d’innovazione, sta guardando con sempre più attenzione al rapporto con il Polo universitario diffuso di Ravenna, Forlì, Rimini e Cesena, sta provando a ragionare dei nuovi mercati che si sono affacciati sullo scenario e di strategie di trasporto, logistica, organizzazione dei magazzini, pronte ad accettare la sfida dell’internazionalizzazione. Non essere all’altezza di queste sfide, per l’Amministrazione pubblica italiana, sarebbe un vero disastro. Molto meglio, invece, se una volta tanto narrazione e realtà dei fatti potessero viaggiare alla stessa velocità.

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