Loris Cappanna: "Ne usciremo più forti di prima"


Atleti come Loris Cappanna appartengono a un’altra dimensione e in settimane come questa non si capisce bene se i marziani siano loro che non si lamentano quasi mai, oppure siamo noi che ci lamentiamo quasi sempre. Sta di fatto che il campione di Forlimpopoli ha tolto dalla sua agenda le Paralimpiadi di Tokyo 2020 nel triathlon sprint e nel ciclismo, categoria non vedenti. Eppure non parla mai di occasione persa, ma solo di una nuova sfida da affrontare, questa volta targata Tokyo 2021.
Cappanna, come ha reagito alla notizia del rinvio di Olimpiadi e Paralimpiadi?
«La prima reazione ovviamente è stata di dispiacere, ma non negativa. Visto l’evolversi della situazione, il rinvio era inevitabile ed è stata presa la decisione giusta. Ovviamente dispiace dovere riprogrammare tutto il lavoro, ma lo sport si fa quando c’è vita e c’è la salute, ora ci sono altre priorità».
Con le restrizioni più blande delle scorse settimane, lei riusciva comunque ad allenarsi?
«Non appena sono arrivate le prime limitazioni, d’accordo con lo staff, abbiamo deciso tutti insieme di rimanere a casa. Essendo atleta in corsa per le Paralimpiadi, avrei avuto la deroga per potermi allenare, ma ho creduto fosse importante fin da subito dare un segnale chiaro: bisogna stare in casa».
Lei nella sua biografia racconta della “minaccia” del divano e del bisogno di esprimersi attraverso lo sport. Ora il divano di casa è tornato una minaccia?
«No, non lo è più e non mi pesa stare in casa. Io non ci vedo e so già cosa voglia dire venire privato di una libertà. Adoro fare sport e ora ho una piccola privazione aggiuntiva da sopportare, ma è poca cosa: in fondo sono a casa con mia moglie e mia figlia. Se ci pensiamo bene, di cosa mi dovrei lamentare?».
Come si allena?
«Ho la fortuna di avere il tapis roulant e i rulli per la bici. In questi giorni faccio lavoro alternato e la “doppia” giusto un paio di volte la settimana. Domenica scorsa però ho fatto un “lungo”, con 80 km sui rulli».
La stagione 2020 ormai è andata?
«Le gare di qualifica erano previste in maggio e in giugno, quindi direi di sì. L’importane è continuare a lavorare in ottica 2021».
Lei in questi anni ha coltivato grandi capacità motivazionali: che consiglio dà agli sportivi costretti a restare fermi da qualche settimana?
«Di basarsi su una scala di valori. Ora ci si deve focalizzare sul valore principale: salute e benessere. Se uno si sente male, non può fare nulla e oggi tutti gli sportivi devono avere la forza giusta di mandare messaggi positivi. So cosa vuol dire per un podista o per un ciclista restare a casa: si è dei leoni in gabbia».
E a chi vorrebbe uscire lo stesso?
«Io da atleta capisco la frustrazione, che a volte diventa insostenibile. Però rendiamoci conto che in queste settimane, se esci poi rischi di non tornare più in famiglia e finisci intubato in ospedale. Restare in casa è una gara da vincere per noi e per gli altri».
Come si immagina alla fine di questo periodo?
«Sarà stato un percorso di crescita, per me e per tutti. Stiamo in casa e non faremo del male a noi stessi e ai nostri cari: ve lo dice uno che non ci vede e che rischia di tornare rotto dopo ogni uscita, per una storta e una caduta. Teniamo botta, pensiamo al bene della nostra famiglia e ne usciremo più forti di prima».

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