Lodo Guenzi a Forlì con il suo spettacolo divertentissimo

Al teatro Il Piccolo di Forlì si esplora la drammaturgia contemporanea insieme a Lodo Guenzi, frontman della band Lo Stato Sociale. Stasera alle ore 21 il sipario si alza quindi su “Uno spettacolo divertentissimo che non finisce assolutamente con un suicidio”, nato da un’amicizia di svariati lustri tra il protagonista e il regista Nicola Borghesi. I due autori si avvalgono anche della consulenza drammaturgica di Daniele Parisi e Gioia Salvatori. Il titolo articolato pare un po’ un omaggio a Lina Wertmüller e ai suoi personaggi di epici perdenti. Guenzi, che viene dall’esperienza della stand-up comedy, infatti mette in scena se stesso, frequentatore di luoghi mitici per l’immaginario collettivo come Sanremo o XFactor, che però visti dall’interno e con potenti filtri ironici e autoironici svelano un dietro le quinte del tutto prosaico e poco fashion. È un racconto di formazione, «uno spettacolo divertentissimo...», il percorso verso e attraverso la fama, in cui però molti si possono rispecchiare.
«La vita delle persone – commenta infatti Guenzi –, generalmente, consiste nel sopravvivere lasciandosi dietro macerie. Tutto questo è terribile, ma fa anche ridere. La parte che fa ridere è quella non ancora del tutto compromessa con un sistema tarato per rendere tutto omogeneo e inoffensivo. Mentre il successo, che da fuori sembra spensierato e piacevole, da dentro è terribile come tutto il resto, anche se in modo diverso».
Da qui, la scelta del teatro: solo, su un palco prima vuoto che poi mano a mano si riempie di ricordi, l’artista può svincolarsi dalle regole e dai ritmi aberranti dello show business privilegiando la lentezza, o addirittura l’attesa e il ritorno «per cercare qualcosa di prezioso che è andato smarrito».
Sul palco, Guenzi può essere un Calimero che improvvisamente è diventato famoso e con la sua scarsa autostima ancora quasi non ci crede, un Woody Allen italiano, come lo ha definito il critico Tommaso Chimenti, «uno che vorrebbe stare nell’ombra e che invece ogni sera viene catapultato fuori a dire qualcosa, uno che si meraviglia ancora che gli altri trovino interessanti le sue parole, un umile che ha paura del microfono, uno stonato che è diventato qualcuno cantando».
I settanta minuti dello spettacolo scorrono fra aneddoti e parodie come quelle di Jovanotti e Roby Facchinetti, ma anche nel ricordo di momenti bui, di persone che hanno fatto sentire il cantante incapace, anzi superfluo. Non c’è rivalsa, semmai la rivendicazione di chi si sente a tre dimensioni ma per il ruolo assunto si trova al centro dell’attenzione mediatica, inseguito per un selfie, bidimensionale. L’eco della canzone di Sergio Endrigo, “Io che amo solo te”, e un monologo caro a Guenzo dai tempi dell’Accademia Nico Pepe di Udine, fanno da tessuto connettivo del racconto, e sono anche un messaggio per il pubblico, in special modo per i giovani così disorientati e bloccati dalla loro paura del domani.
Il fondale di paillette luccicanti a un certo punto crolla: restano le impalcature e la scena, imperfetta e piena di oggetti fuori posto. Così sono le vite famose: Guenzi lo racconta con compassione e cinismo, sfatando miti, illusioni, inganni.
Biglietti: € 10-5. Info: 0543 26355 www.accademiaperduta.it