Lo stop ai superbonus mina le fondamenta del settore

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Se paragonassimo i bonus edilizi a una marea, ora saremmo arrivati alla fase in cui le acque cominciano a ritirarsi, lasciando sulla spiaggia solo detriti, tra i quali andare a cercare ciò che resta di un’esperienza che per il Governo Meloni è evidentemente giunta al capolinea. Ma con quali conseguenze? Che ai detriti di oggi si aggiungeranno le macerie di domani; ossia quelle di un comparto edile romagnolo che, stando alle stime di Ance, attualmente ha in gioco almeno 10,6 milioni di crediti fiscali da cedere già certificati, con una consistenza dei crediti da cedere per completare i lavori in corso oltre i 20,5 milioni di euro e un plafond per il 2023 di almeno altri 40. Non occorre la calcolatrice per capire che stiamo parlando di volumi che potrebbero scuotere il settore alle fondamenta, dato che vi sono aziende esposte per cifre a sei zeri. Lo scenario che si prospetta è talmente fosco, che sempre secondo l’Ance il sistema industriale romagnolo dell’edilizia, se l’esecutivo non metterà in atto una virata stretta, potrebbe dover dire addio a una decina di aziende tra le più strutturate. A cui bisognerebbe aggiungere centinaia e centinaia di artigiani che sono fioriti attorno al comparto e che, ora, rischiano invece di appassire per sempre.

Il decreto-legge

I tumulti sono iniziati martedì scorso, quando il direttore generale dell’Abi Giovanni Sabatini, sentito in audizione al Senato, nel corso della Commissione finanze e tesoro, ha parlato di un mercato dei crediti «saturo» per le banche, con acquisti in stallo almeno fino al 2027. Nelle stanze dei bottoni della maggioranza di governo sono iniziate le discussioni e nella serata di giovedì il Consiglio dei ministri ha azionato il freno a mano, varando un decreto-legge immediatamente esecutivo con il quale è stato dichiarato lo stop alla cessione dei crediti e allo sconto in fattura - oltre al divieto per tutte le amministrazioni pubbliche di acquistare crediti d’imposta derivanti dalle opzioni di cessione -, lasciando quindi come unico spiraglio aperto quello delle detrazioni fiscali e alcune deroghe per le procedure già avviate.

La decisione ha scatenato un tumulto generale da parte delle associazioni di categoria che rappresentano la divisione edile romagnola. A partire dall’Ance, che ha paventato «conseguenze devastanti sul piano economico». Al punto che tra le parti sociali c’è chi vorrebbe mettere in atto un’azione di forza, bloccando tutti i cantieri e scendendo in piazza.

Il contesto attuale

Quando parliamo di sistema edile romagnolo, stiamo ragionando di un settore tra i più strategici per il territorio, composto da un mosaico di imprese industriali, artigiane e individuali talmente fitto da rappresentare il 15,7% dell’intera imprenditoria locale (il secondo per numeri dietro al commercio). È un fatto, tra l’altro, che la politica dei bonus abbia impresso una spinta considerevole al comparto, che in Romagna dal 2019 ad oggi ha visto nascere 1.050 aziende in più, passando dalle 15.583 del 2019 (di cui 5.553 a Forlì-Cesena, 4.839 a Rimini e 5.191 a Ravenna) alle attuali 16.633 (di cui 5.831 a Forlì-Cesena, 5.322 a Rimini e 5.480 a Ravenna). Un tasso di crescita confermato dai dati delle Camere di commercio, da cui si evince una variazione percentuale del più 6,7% in tre anni. Approfondendo, in tutta la regione, stando alle elaborazioni Ance, il solo superbonus 110% ha messo in moto 29.718 interventi, per un controvalore di oltre 5,3 miliardi di euro. E, contemporaneamente, il valore degli immobili romagnoli è cresciuto, in media, di 160 euro al metro quadrato.

A rischio il Pnrr

In questo contesto, si aprono le porte per un risvolto che ha i profili del disastro. La diretta conseguenza di un ammanco di almeno 70 milioni di euro nei portafogli delle ditte edili sarà, inevitabilmente, l’ingenerarsi di una crisi di liquidità in seno alle imprese stesse, oltre alle possibili dichiarazioni di fallimento; quella indiretta si chiama, invece, Piano nazionale di ripresa e resilienza. Perché se il mondo delle costruzioni va in recessione, chi si occuperà di dare corso agli impegni presi? Secondo le analisi di Ance, dei 222 miliardi di euro che compongono il totale del Pnrr, 108 impattano proprio sul settore delle costruzioni e la sola Romagna ha già in corso investimenti definiti per quasi 1 miliardo. Si arriva così alla domanda appena posta che, al momento, non ha tuttavia ancora trovato una risposta.

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