Lo spettacolo delle Frecce Tricolori raccontate da chi le guida

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IMOLA. Volano a due metri l’uno dall’altro ad almeno 500 chilometri orari. E non ci sono sensori o piloti automatici, ma è solo l’uomo che gestisce la macchina «con le sue capacità e i suoi sensi, per questo ci addestriamo tantissimo e abbiamo il giusto margine di sicurezza». E per chi sta a terra lo spettacolo è di quelli mozzafiato. Così è stato ieri a Imola con le Frecce Tricolori, che si sono alzate dalla sede del 15° Stormo dell’Aeronautica Militare che fa base a Cervia, pochi istanti prima della partenza del Gran Premio dell’Emilia-Romagna e del Made in Italy.

Tre minuti col batticuore per la folla che anche ieri ha potuto ammirare la formazione dell’Aeronautica stendere il Tricolore su Imola, come un anno fa e come solo nel 1980 prima di allora. Poco prima che la loro apparizione si materializzasse sui cieli di Imola per renderli meno plumbei, abbiamo chiesto al comandante delle Frecce, il tenente colonnello Stefano Vit, che ha coordinato il volo dalla sommità della torre dell’autodromo, di raccontare qualche dettaglio del sorvolo.

Comune denominatore con i bolidi a terra? Ovviamente la velocità: «Raggiungiamo i 500/550 chilometri orari per il primo passaggio, per il secondo passaggio con virata saliamo a 600 chilometri orari e l’ultimo sarà un giro della morte, una manovra acrobatica base arrivando a 650 km. orari. Il sorvolo, che è quello che faremo su Imola, è diverso da un’esibizione. In questo caso si alzano in volo 9 velivoli per dare perfetta simmetria alla formazione durante il passaggio, le esibizioni vengono svolte con 10 velivoli. In questo caso, manca “Pony 10”, ovvero il pilota solista che resta a terra qui con me per coadiuvare il coordinamento dei piloti in volo».

L’anno scorso Vit era in volo su Imola come capo formazione, guidava la squadra per disegnare il Tricolore. «Come si diventa pilota delle Frecce Tricolori? Chi viene scelto ha generalmente alle spalle un’esperienza di dieci anni all’interno dell’Aeronautica Militare. Tutti i piloti hanno completato l’iter di studi che prevede accademia e laurea, quindi un concorso pubblico molto duro. Poi si passa alle scuole di volo per conseguire il brevetto di pilota militare e si viene assegnati ai reparti operativi. I piloti delle frecce sono tutti abilitati per la guida di velivoli jet, ovvero caccia militari, e arrivano al reparto dopo aver maturato molta esperienza. Molti di noi sono stati attivi anche in teatri operativi prima». Si fa parte della squadra delle Frecce Tricolori in genere per 5 o 6 anni... «in quel periodo si svolge attività di rappresentanza - spiega ancora l’ufficiale - poi il pilota viene richiamato al reparto operativo. È un periodo limitato nella carriera di un ufficiale pilota, durante il quale si fa un lavoro molto particolare e dove comunque i valori e le abilità richieste sono le stesse utilizzate negli altri reparti». Le doti che portano alla scelta di un ufficiale per entrare nella squadra non sono solo tecniche: «Si vanno a cercare anche le caratteristiche caratteriali. Si cercano persone molto equilibrate che sappiano stare in gruppo e che sappiano sacrificarsi per il bene comune e mettano da parte la propria carriera per fare in modo che tutti gli sforzi convergano nello spettacolo che il pubblico vede da terra». Ma le Frecce non sono solo quelle che si vedono in cielo. «Oltre ai piloti la squadra è composta da molte altre persone, siamo circa 100 di cui una settantina dedicate alla manutenzione degli aeroplani, più tutto lo staff che coadiuva operatività, logistica e amministrazione del reparto. Il velivolo che utilizziamo dal 1982 è di costruzione tutta italiana, è abbastanza datato ma funziona benissimo e quest’anno festeggiamo i 40 anni dell’utilizzo del modello MB339 Pan a cui siamo molto affezionati».

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