L’emozione del concerto di Muti dalle macerie di Ground Zero

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È il 22 luglio 2002. In dieci mesi, dopo l’attentato alle Torri Gemelle, tutto è cambiato, tutto è diverso. Dalla Romagna parte una spedizione di artisti guidata da Riccardo Muti e Cristina Mazzavillani, destinazione New York: è il “Ravenna festival”, che dal 1997 prende il volo per i suoi viaggi lungo “Le vie dell’amicizia”. C’erano già state Sarajevo, Beirut, Gerusalemme, Mosca, Erevan, Istanbul; dopo ci saranno ancora Damasco, Teheran, Kiev, Jerash e molte altre strade impervie da percorrere e trincee reali o virtuali da riempire di musica. Eppure quel luglio, quella notte, hanno un sapore davvero speciale. In quella spedizione Muti è affiancato dai Musicians of Europe United, una formazione creata per l’occasione e formata da strumentisti provenienti dalle migliori orchestre europee. All’Avery Fisher Hall del Lincoln Center suonano l’Eroica di Beethoven e il finale del Guglielmo Tell di Rossini. Ma è subito dopo che avviene qualcosa di struggente, quando il canto del Coro della Scala si leva potente proprio dalle macerie di Ground Zero. È solo un gesto simbolico che costa tanta fatica, Riccardo Muti è provato dalla trasferta e dall’energia profusa sul palco ma lo vuole fare, vuole portare le note di Verdi sulle macerie delle due Torri Gemelle, «in memoria delle vittime della tragedia delle Twin Towers e di tutte le vittime della violenza nel mondo». Attorno a lui si sta tutti accalcati, ospiti, giornalisti, musicisti. Tutti in attesa. Poi le prime note del Va’ pensiero a cappella, ed è difficile non tradire l’emozione. Della musica. Del luogo. Del simbolo. Cristina Muti porta una rosa. Qualcuno accenna un applauso ma poi il silenzio, vecchio amico, parla per tutti.

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