Cinque ragazze riminesi hanno costituito una loro startup con le regole delle società benefit. È nata così Mariscadoras, con l’obiettivo di fare impresa per il “beneficio comune”, con una visione positiva per la società e per l’ambiente marino e terrestre. Ci parla del progetto una delle cinque fondatrici, Carlotta Santolini, biologa.
Come mai questo nome?
«Per omaggiare le battaglie delle “Mariscadoras”, donne di mare galiziane, per noi un esempio importante di lotta per la parità di genere nel settore della pesca e dell’acquacoltura. E, se vogliamo tradurre il nome Mariscadoras in dialetto romagnolo, diventa un omaggio alle nostre nonne e bisnonne, quelle “Poveracciaie” che fino agli anni ’70 raccoglievano le vongole e le vendevano al mercato del pesce a Rimini».
In quale progetto siete impegnate in questo momento?
«Promuoviamo il progetto Blueat, che apre nuovi scenari per la gestione delle specie aliene in cucina. Gli obiettivi sono valorizzare e convertire la pesca tradizionale in pesca sostenibile; implementare il consumo alimentare e la cucina delle specie aliene con l’intento di inserirle nella tradizionale gastronomia attraverso la sensibilizzazione dei consumatori e la comunicazione; spostare l’attenzione della domanda del mercato ittico dalle tradizionali specie target, gravemente sovrasfruttate, alle specie aliene. Vorremo creare una micro-filiera innovativa della risorsa aliena, che potrà essere replicabile in ogni zona costiera del Paese».
Quali sono le specie aliene del Mare Adriatico?
«Le specie aliene (alloctone) sono quegli organismi trasportati volontariamente o involontariamente dall’uomo in un’area in cui non erano presenti in precedenza. Nel Mediterraneo, in particolare in Adriatico, ne sono due esempi il Granchio Blu, Callinectes sapidus, e il Pesce serra, Pomatomus saltatrix, due specie native dell’Oceano Atlantico, arrivate qui attraverso le acque di zavorra e che, a causa dei cambiamenti climatici e dell’ecosistema, si sono riuscite ad adattare alle condizioni della nuova area».
Le specie aliene rappresentano un rischio per l’ambiente?
«Sì, minacciano la fauna autoctona, si nutrono di uova, larve e giovani esemplari delle specie commercializzate e distruggono reti e trappole dei pescatori. Creano così danni anche al sistema socio-economico. Chiaramente l’impatto dipende da specie a specie, non tutte hanno le caratteristiche per diventare invasive. Tra le specie attualmente più problematiche c’è il granchio blu, che a causa delle sue grosse dimensioni e dalla rapidità con cui si moltiplica sta causando seri problemi nelle zone lagunari costiere, da nord a sud. Non escludiamo che possa provocare problemi anche alla balneazione».
Come si può contrastare il fenomeno?
«Fino a ora sono stati utilizzati protocolli di monitoraggio per segnalare la presenza di queste specie, ma l’unico modo per poter contribuire al loro contenimento è renderle commercializzabili per portarle sulle nostre tavole e promuoverne il consumo nel settore horeca: noi siamo gli unici “predatori” nel Mediterraneo che possono mitigarne gli effetti negativi».