Rimini, lascia il posto fisso e viaggia per il mondo: "Lavoro 6 mesi all'anno, poi si parte"

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«Addio posto fisso, viaggio d’inverno e lavoro d’estate». Ha dato un taglio netto al passato tre anni fa la 48enne riminese Alessandra Bellettini, lasciando l’impiego in un ente pubblico per dedicarsi a famiglia e viaggi, a fronte di un impegno lavorativo solo stagionale.

Alessandra, non è da tutti rinunciare alla sicurezza del posto fisso, passando dall’abbigliamento formale alla t shirt, cosa l’ha convinta a questo passo?

«Si tratta di un cambio di vita. Quindi non un colpo di testa repentino, ma una scelta ponderata su cui ho riflettuto almeno due anni. A convincermi sono state diverse variabili che si sono incastrate nello stesso periodo. Avevo 45 anni, l’età deputata a bilanci e riflessioni, e mi sono detta: “Adesso o mai più”. A giocare un ruolo sono stati i ritmi inconciliabili di lavoro con il mio compagno, Marco Tamburini, a cui sono legata da 28 anni. Lui lavora da marzo a settembre sette giorni su sette, h 24. Io avevo due lavori: l’uno di 36 ore settimanali, dal lunedì al venerdì mattina con due rientri pomeridiani alla Camera di commercio, l’altro come insegnante nella palestra Olimpia, in zona Stadio. Finché è arrivato il momento di accantonare il sogno di diventare genitori mentre faceva capolino un’opportunità».

Ovvero?

«Hanno proposto al mio compagno di gestire un secondo ristorante in spiaggia a “Lido San Giuliano”. Non potendo sdoppiarsi cercava una persona di fiducia e io ho colto l’occasione al balzo. Ora siamo stipendiati dalla stessa società, ho un contratto stagionale di sei mesi all’anno che mi garantisce una sicurezza. Ribadisco che non si è trattato di una fuga: nei precedenti impieghi avevo rapporti cordiali con tutti. Marco ed io eravamo da sempre appassionati viaggiatori e prima di maturare la decisione che ci ha cambiato la vita ci siamo fatti bene i conti in tasca».

A cosa rinuncia per viaggiare?

«I nostri viaggi sono frutto di risparmi lunghi un anno, su ogni versante. D’estate spendo solo per l’acqua della doccia e il carburante del motorino con cui mi reco al lavoro, dove passo quasi tutta la giornata».

Quali luoghi avete visitato?

«Nella prima stagione invernale siamo stati in Sudafrica e Mozambico quasi due mesi, mentre a bloccarci nella seconda è arrivato il Covid. Rincasati dalla Sicilia, è cominciato un altro tipo di viaggio».

Quale?

«Ho abbracciato il progetto della Caritas per portare il cibo ad anziani e senzatetto. Un periodo intenso in cui ho allacciato rapporti e collezionato un bel carico di emozioni. Poi dopo la stagione estiva, nel 2021 siamo volati in Guadalupa».

Che consigli darebbe a un apprendista viaggiatore?

«Consultare il sito della Farnesina per viaggiare sicuri, ma anche studiare per conoscere i popoli che si incontreranno. E non solo: visto il caro carburante è sempre più importante prenotare i voli con largo anticipo. Un’altra dritta? Essere aperti agli imprevisti, tenendo a portata di mano un piano “B”, oltre a calcolare bene il tempo a disposizione: un paese come la Giordania si può visitare in una settimana, se si prepara con una cura una road map. Quanto a noi, preferiamo un appartamento all’hotel fermo restando che ogni volta va rimesso tutto sulla bilancia a seconda della meta: in Sudafrica è più pratico noleggiare un’auto, mentre in Perù esiste un servizio bus con comode sedute che di notte viaggia anche 10 ore. In generale rinunciamo al ristorante, preferendo mischiarci tra la gente del posto».

Cos’è indispensabile in valigia?

«Due di tutto, come fa Marco, mantenendo sempre un basso profilo. Quanto a me, è un fronte su cui devo ancora lavorare, perché come tutte le donne a volte cedo a qualche accessorio».

Ha vissuto fino ai 5 anni in Olanda: questo ha inciso sulla voglia di scoprire il mondo?

«I miei genitori era emigrati per lavoro e sono tornati in Italia con un pizzico di malinconia per avviare il mio percorso scolastico. Contare su un orizzonte ampio forse ha giocato un ruolo nella mia vita, sia perché gli olandesi vanno dritti all’obiettivo, sia perché ho sempre sentito parlare di etnie diverse».

Ricordi indelebili?

«Gli animali in libertà, a partire dal bradipo che mi ha attraversato la strada in Costarica, poi il cielo stellato di un’isola brasiliana, il tramonto sulle dune dei deserti e il sorriso dei bambini in Giamaica. Ma viaggiando lontano dalle solite rotte non scorderò mai neanche la povertà dei villaggi galleggianti in Cambogia».

Com’è tornare a casa?

«Mai un dispiacere. Ci godiamo la famiglia, sperando che un giorno i nipotini si uniscano alle nostre avventure. Senza l’assillo del lunedì siamo a disposizione di tutti, dai genitori agli amici, anche per la gestione di imprevisti. Quando fai viaggi così lunghi ti riempi talmente di bellezza che a un certo punto sei tu a dire: “è ora di tornare”. Abbiamo maturato una scelta alla soglia dei cinquant’anni, amiamo la nostra vita e appena finisce la stagione siamo a cena dagli amici tutte le sere, con grande gioia».

Emozioni difficili da raccontare?

«L’amaca su cui abbiamo dormito in Colombia, come farfalle in un bozzolo caldo, cullati dagli inauditi colori realizzati dalle donne indigene. Un sapore? Il dulce de leche gustato in Argentina come marmellata sul pane appena sfornato».

Prossima meta?

«A novembre partiremo alla volta del Perù, per visitarlo in lungo e in largo un mese fino ad arrivare in Amazzonia, per poi rilassarci alle Galapagos sulla scia del naturalista Charles Darwin che le visitò nel 19° secolo, giungendo a scoperte fondamentali per la storia dell’evoluzione. Un luogo ideale per alimentare l’amore smisurato che nutriamo per gli animali in libertà, in attesa del ritorno previsto a inizio gennaio»

Come si immagina in futuro?

«Sempre in viaggio anche quando Marco ed io avremo i capelli bianchi. La pandemia mi ha insegnato a non guardare troppo lontano, ma sogno le splendide mete adatte agli anziani che Europa e Italia offrono».

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