La transizione ecologica, il dovere di diligenza e il peso dell'Unione Europea

C'è un aspetto rilevante riguardante l'Unione Europea che non viene tenuto nella giusta considerazione da parte dell'opinione pubblica. Si tratta del potere normativo, ovvero della capacità delle regole di cui si dota l'Ue di trasformarsi in standard globali. Il mercato unico copre una fetta importante del prodotto mondiale lordo (un quinto circa); non esiste Paese terzo che non ambisca accedervi. Chi vuole esportare in Europa, tuttavia, è obbligato a rispettare le norme comunitarie. L'Unione, quindi, direttamente o indirettamente determina o contribuisce a determinare gli standard qualitativi, sanitari, sociali e ambientali che regolano il commercio internazionale. In realtà, poi, le decisioni assunte a Bruxelles vanno oltre il campo strettamente economico toccando anche aspetti che riguardano, ad esempio, la sfera privata come il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati che dal 2018 è divenuto un punto di riferimento mondiale per la difesa dei diritti delle persone fisiche e del trattamento dei loro dati visto che anche le imprese che hanno sede al di fuori dell'Ue sono obbligate ad adeguarsi se intendono operare nel vecchio continente.

Più complicato risulta avventurarsi sul terreno dell'etica. Per anni le organizzazioni non governative hanno portato avanti campagne di pressione per inchiodare le imprese alle loro responsabilità per quanto riguarda l'intera catena di produzione e l'impatto di questa nelle diverse fasi a tutti i livelli. Sempre di più cresce la consapevolezza fra i cittadini europei che ogni scelta di consumo ha una conseguenza e che l'offerta sul mercato di un prodotto vada accompagnata da un'adeguata informazione e garanzia di trasparenza per il consumatore. Anche se, purtroppo, non ha fatto notizia, a inizio giugno il Parlamento Europeo ha adottato in prima lettura la proposta di direttiva relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità. Lo ha fatto sulla scorta di una comunicazione della Commissione del febbraio dello scorso anno che illustrava i motivi e gli obiettivi della proposta. "La condotta delle società in tutti i settori dell'economia è fondamentale per il successo della transizione dell'Unione a un'economia verde e climaticamente neutra, in linea con il Patto Verde europeo, e per il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell'ONU, compresi i rispettivi obiettivi in materia di diritti umani e ambiente" recita il testo, che, poi, continua "... a tal fine è necessario attuare processi globali di attenuazione degli impatti negativi sui diritti umani e degli impatti ambientali negativi nelle catene del valore, integrare la sostenibilità nei sistemi di governo societario e di gestione e inquadrare le decisioni aziendali in termini di diritti umani, impatto climatico e ambientale". 

Secondo la Commissione la direttiva dovrebbe applicarsi sia alle imprese europee che a quelle extra europee con più di 500 dipendenti e un bilancio minimo di  150 milioni di euro. Le piccole e medie imprese non sono formalmente incluse nella proposta ma sono comunque implicate nella legislazione poiché spesso forniscono le grandi compagnie  che ricadono nella direttiva. "Questa direttiva è la pietra miliare di una trasformazione storica che ridefinisce le responsabilità e gli obblighi del mondo degli affari per il rispetto dei diritti umani e dell'ambiente" ha commentato Heidi Hautala, la vice-presidente finlandese dell'Europarlamento che ha sottolineato come la legislazione crea un terreno di gioco uguale per tutti prevenendo ogni eventuale vantaggio competitivo derivante da attività economiche irresponsabili. "La direttiva sul dovere di vigilanza", ha poi continuato, "promuove i valori fondamentali su cui si fonda l'Ue; occorre afferrare questa opportunità utilizzando il potere dell'economia come leva per sostenere i diritti umani e combattere la distruzione ambientale ovunque nel mondo". Ora si aprono i negoziati fra Parlamento europeo e Consiglio per finalizzare un testo condiviso. Tocca alla società civile europea vigilare affinchè la direttiva non venga stravolta. Ne va della nostra coerenza, della sostenibilità delle nostre imprese e della credibilità del progetto europeo.         

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