La sanità romagnola ha perso oltre 500 dipendenti in due anni

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RAVENNA - La segreteria provinciale della Uil Fpl attacca l’Ausl Romagna e la Regione sull’organico. Un quadro che evidenzia un trend negativo dallo scorso anno e che per il sindacato rischia di peggiorare nei prossimi mesi: «Da 70.656 dipendenti del 2021 su base regionale siamo passati ai 69.597 al mese di aprile del 2023, con una perdita di 1.059 professionisti. L’aspetto più allarmante riguarda medici, infermieri e oss che in genere sono le figure prevalenti nei servizi e nei reparti ospedalieri e territoriali. Ma il dato appare ancora più emblematico se pensiamo che oltre il 50% dei 1.059 professionisti persi in tutta la regione riguardano la sola Ausl Romagna: il calo è di 548 unità».

La Uil scende nei dettagli: rispetto a due anni fa, gli ospedali romagnoli non possono «più contare su 71 medici, 228 infermieri, 56 oss, 28 tra vari profili sanitari, 38 tra quelli tecnici e 127 amministrativi». Per il sindacato il dato dimostra la tendenza delle aziende sanitarie a fare leva sul personale «per recuperare il disavanzo di bilancio». Una strada che «non fa altro che rendere ancora più debole il nostro sistema sanitario, oltre che mettere in discussione i principali istituti contrattuali che molto spesso non vengono garantiti chiedendo diversi sacrifici al personale dipendente anche attraverso strumenti che poco si sposano con le politiche di conciliazione dei tempi di vita e lavoro».

Il tutto mentre la Regione pone obiettivi sempre più ambiziosi come il recupero delle liste di attesa o la riorganizzazione della rete di emergenza-urgenza. «La nostra sensazione è che questa situazione inevitabilmente si tramuterà in maggiore spesa di committenza esterna», ovvero la sanità privata. «Se guardiamo al solo 2022, in tutta la Romagna sono stati affidati all’esterno 14.142 interventi chirurgici, 186.467 visite specialistiche, 429.302 esami diagnostici. Dati che di certo poco si sposano con quanto affermato in più occasioni dall’assessore regionale Raffaele Donini di voler tutelare e salvaguardare la sanità pubblica».

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