La Rimini dell'avanguardia artistica internazionale nasce nel 1982
Rimini, sabato 30 gennaio 1982. In una Rimini invernale il centro cittadino, ma anche il lungomare, si ritrovano “contaminati” dal vento dell’avanguardia artistica. Inaugura Sonorità prospettiche, mostra «su suono e ambiente», come semplifica in quei giorni la stampa locale. Fu un evento-meteora, che non ebbe cioè continuità negli anni, almeno non a Rimini e in Romagna, ma che si segnalò oltre che per il successo di pubblico per la eco che ha mantenuto nel settore delle arti contemporanee fino a oggi.
La Sala d’arte contemporanea – tra gli anni Ottanta e Novanta luogo cardine della cultura riminese negli spazi dell’ex ospedale vecchio di via Tonini (oggi Museo della Città) – fu il fulcro della rassegna che «attraverso il lavoro di musicisti e artisti visivi, operatori e performers di ogni parte del mondo» si proponeva «di documentare lo stato delle ricerche» in un ambito al quale ancora oggi ci si riferisce con il termine sound art.
Tra gli artisti compaiono nomi riconosciuti ancora oggi come punti di riferimento per la musica contemporanea e le arti visive. Da quello dell’artista statunitense Vito Acconci, originario di New York, già molto noto all’epoca per il carattere provocatorio di alcune sue performance (Trademarks, Seedbed) a Max Neuhaus, considerato tra i padri della sound art. Da John Cage – il nome oggi più noto – ad Alvin Lucier, anche lui un pioniere in ambito musicale.
Di questi grandi nomi, e di numerosi altri, Sonorità prospettiche porta a Rimini, nel 1982, progetti inediti e soprattutto, come si direbbe oggi, site specific: concepiti per i luoghi della città in cui furono proposte le installazioni. Non solo la Sala d’arte contemporanea del vecchio ospedale, ma anche gli spazi della Vecchia Pescheria di piazza Cavour, il lungomare, e lo stesso cortile dell’attuale museo cittadino. Fu una invasione di arte contemporanea. Tra le sezioni in cui si articolava Sonorità prospettiche c’era anche la “Stanza d’ascolto”, ovviamente attraverso le modalità audio dell’epoca con le cassette a nastro. Tra le voci anche quella di Laurie Anderson (all’epoca già nota e non ancora moglie di Lou Reed).
Da Milano alla Romagna
La mostra sarà allestita in città dalla fine di gennaio fino al 15 marzo del 1982. Fu un evento di notevole successo sia di pubblico che mediatico. Lo documentano ancora oggi gli scatti del fotografo riminese Davide Minghini, custoditi nell’archivio della Biblioteca Gambalunga.Tutto prese avvio da un palazzo secentesco occupato nella Milano della fine degli anni Settanta. È qui che era sorto all’epoca per iniziativa di una coppia di artisti e performer, Roberto Taroni e Luisa Cividin, uno spazio no profit autogestito di produzione e condivisione di pratiche video, sonore e performative – denominato Sixto-Notes – che calamitò l’attenzione delle giovani generazioni di artisti italiani. Al duo artistico Taroni e Cividin è dedicato tra l’altro un volume appena uscito pubblicato da Silvana Editoriale, con presentazioni a Londra, Lione, New York.
All’epoca, tra coloro che si imbatterono nella loro attività artistica, vi fu anche il ravennate Roberto Masotti, il fotografo musicale scomparso nell’aprile dello scorso anno. Sarà lui a fare da anello di congiunzione tra Milano e la Romagna. Il vento dell’avanguardia artistica di quegli anni si stava rivelando infatti contagioso, arrivava – anche via Bologna – fino alla provincia. Venne accolto dalle amministrazioni locali di centrosinistra dell’epoca.
Sonorità prospettiche, che sarà realizzata da Roberto Taroni e Roberto Masotti insieme al fratello Franco Masotti (attuale direttore artistico di Ravenna festival) e a Veniero Rizzardi, vanta il primato di prima mostra europea sul rapporto tra suono e ambiente, ed è ancora oggi studiata, indicata come fonte e paradigma degli sviluppi successivi sia pratici che teorici, nell’ambito della musica e delle arti contemporanee.
Artisti da tutto il mondo
«Viaggiai personalmente per mezzo mondo per reclutare gli artisti» rievoca Roberto Taroni, custode e divulgatore dell’esperienza di Sonorità prospettiche attraverso un suo personale archivio e un sito dal quale è possibile leggere anche il catalogo che fu realizzato dal Comune di Rimini per l’occasione.All’epoca il Comune stanziò intorno ai 30 milioni di vecchie lire. Non poco, ma neppure molto considerato il peso organizzativo e il coinvolgimento di tanti artisti. «Alcuni di loro erano già molto famosi – ricorda Taroni –. Una figura come quella di Vito Acconci era il top mondiale». Non era il solo. A Rimini portò una installazione che fu realizzata lungo la scalinata del vecchio ospedale dove vennero collocate sfere metalliche “sonore” tenute in tensione con alcune corde. Dalle sfere fuoriusciva la voce dello stesso Acconci, che pronunciava, in italiano, un testo con l’espressione ricorrente «m’ama non m’ama»: una contrapposizione allusiva, che voleva essere anche gesto “politico”.
Appositamente per Rimini, a partire dal nome, fu il progetto di Alvin Lucier Solarimini: una scultura sonora a energia solare che consisteva nell’installazione di un pannello collegato a un generatore di suoni. Usciva dalle stanze museali, invece, il progetto di Lawrence Weiner, uno dei padri dell’arte concettuale, che concepì per Rimini interventi sonori attraverso gli altoparlanti del lungomare. L’artista concettuale statunitense Terry Fox intervenne negli spazi dell’ex Pescheria, utilizzata come camera di risonanza dove il suono era emesso da corde e altri strumenti, quali archetti e persino scatole di sardine. Michel Waisvisz realizzò invece una sorta di robot sonoro che interagiva con il pubblico, utilizzando tecnologie nuovissime per l’epoca. Quanto al lavoro di John Cage, veniva presentato a Rimini in anteprima il progetto Montestella d’Ivrea, mai realizzato ma raccontato attraverso una postazione video e altri materiali. A documentare i lavori saranno in seguito, oltre al catalogo realizzato per l’occasione, anche le fotografie artistiche del compianto Roberto Masotti.
Non fu troppo casuale che Rimini si fosse ritrovata località ospitante, in quegli anni. Con Sonorità prospettiche e altre iniziative, tra gli Ottanta e Novanta Rimini seppe captare e accogliere i segnali della contemporaneità, facendosi in vari modi magnete e cassa di risonanza della creatività più innovativa in ambito artistico. Esperienza e modus operandi che vale la pena ricordare ora che la città di Rimini si appresta ad affrontare il percorso di candidatura a Capitale italiana della cultura 2026.