La Riccione del clubbing anni 70 nel film di Paolo Galassi

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Una storia mai raccontata di musica, amicizia e libertà I ragazzi del Columbus. Quella della nascita dei primi locali alternativi e del fenomeno afro-funky, quando da Riccione, tra il 1974 e il 1985, partì una vera rivoluzione sociale, culturale e musicale, ora divenuta un docufilm girato dal regista Paolo Galassi, dopo più di anno di riprese tra Emilia-Romagna e Lombardia, in collaborazione con lo scrittore Andrea Castaganini, che è anche tra i protagonisti del docufilm nonché autore del romanzo pubblicato da Edizioni Minerva che dà il titolo al film, mentre la colonna sonora è curata da Paolo Scotti.

Savignanese, regista e scrittore, in oltre venticinque anni di attività tra Italia, Stati Uniti, Spagna e Francia l’autore ha firmato una serie di produzioni cine-audiovisive che spaziano dai videoclip agli spot pubblicitari, dai format televisivi ai documentari, per arrivare nel 2018 a dirigere il suo primo lungometraggio.

Nel 2016 ha aperto il blog “I ragazzi del Columbus”.

L’opera, ideata e prodotta da Fabrizio Zanni, presentata da Rco Europe e Firmament Pictures, distribuita da Minerva Pictures, è uscita quest’estate su Amazon Prime Video.

«Sono romagnolo – dice Galassi – quindi Mozart, la Baia degli Angeli, Perry, la Mecca, li sentivo nominare sin da ragazzino. Erano leggenda già allora. Ritrovarmi a distanza di quasi quarant’anni a raccontarne la storia è stato affascinante. Quello dei ragazzi del Columbus è un frammento di storia importante da ricordare, per il territorio ma per il Paese in generale, perché insieme a loro abbiamo avuto la possibilità di raccontare ed esplorare un’epoca e la sua colonna sonora che l’ha accompagnata, stravolgendo ogni paradigma socioculturale e musicale concepito sino a quel momento».

Galassi, qual è stato il lavoro di ricerca svolto?

«Con Roberto Giusti, direttore della fotografia, la ricerca dei materiali è stata lunga e complessa, ma abbiamo avuto la fortuna di poter contare sui diverse persone della community ancora attivissima oggi di ex ragazzi e ragazze del Columbus tra i quali Andrea Castagnini, e l’organizzatrice di eventi Alessandra Gallico, entrambi coprotagonisti del docufilm, che hanno messo in mano alla produzione materiale fotografico in certi casi di rara bellezza oserei dire. Il problema è nato sul fronte video. La parte fiction è nata proprio per sopperire alla carenza di contenuti video originali. Ma abbiamo lasciato parlare le persone che hanno vissuto quel periodo e il Columbus. Importanti anche le testimonianze filmate dei più importanti dj di quegli anni quali Claudio Rispoli in arte Mozart, il padre della musica afro Beppe Loda, Pery del club La Mecca e Rubens, vere e proprie icone della consolle, visionari e lungimiranti, in un contesto che richiamava un’idea di libertà mentale e sociale senza precedenti in quegli anni, oggi inimmaginabile».

In che modo Riccione divenne punto d’incontro di una generazione?

«C’era un piazzale Columbus in ogni parte d’Italia, ma quello di Riccione spiccò più di tutti per via del locali estivi della riviera. Era il punto di incontro di una generazione. La diffusione inerziale del fenomeno afro-funky avvenne grazie alle audiocassette pirata, le famose C60, e alle prime radio indipendenti che proponevano musica alternativa, suonata e registrata su cassetta appunto, come racconta nel docufilm Fulvio Di Raddo, fondatore di Rete Radio Azzurra e pioniere del fenomeno, dai dj della Baia, gli americani Bob e Tom e in seguito Mozart, Beppe Loda del Typhoon di Gambara e da Daniele Baldelli del Cosmic».

Quale fu in particolare la novità rappresentata dalla Baia degli Angeli?

«La Baia segnò di fatto un punto di rottura con tutto quello che le discoteche erano fino ad allora, perché la gente non ci andava solo per ballare ma per vivere un’esperienza unica. Dalla Baia sono nate le mode, le tendenze musicali che hanno scardinato ogni paradigma esistente, in linea con quel cambiamento e quel movimento che cresceva e si espandeva poi anche nel resto d’Europa. Mozart fu il primo dj a proporre in discoteca musica praticamente sconosciuta ai più come funky, soul e jazz fusion. Generi musicali impensabili in discoteca sino ad allora ma che ebbero una presa inaspettata sui giovani, creando una vera e propria scuola di pensiero che ritroviamo ancora oggi nelle selezioni dei dj attuali più famosi. Erano dj ma anche musicisti, e questo fece di loro qualcosa che andava oltre l’intrattenimento in pista».

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