La Nazionale a Pozzecco: quando curriculum ed esperienza non contano più
“La Nazionale non è il Corsico, con tutto il rispetto”. Ci voleva un fresco 90enne come Sandro Gamba, ancora lucidissimo e forte del proprio posticino nella Hall of fame del basket (quella vera), per mettere i puntini sulle i alla notizia che in questi giorni ha scosso il movimento tricolore della palla a spicchi. L’esonero di Meo Sacchetti e la scelta di Gianmarco Pozzecco come nuovo ct azzurro stanno facendo inevitabilmente discutere tutti gli appassionati, e non solo, divisi sulla sostanza e sulla forma. In realtà che l’ex Mosca Atomica sarebbe stato il successore di Meo si sapeva da settimane e settimane: una volta decaduta la candidatura di Ettore Messina, infatti, l’immarcescibile presidente federale Gianni Petrucci aveva già tracciato la strada. All’improvviso, e in corsa, è mutata la forma, visto che i più ritenevano sicuro l’avvicendamento a settembre, dopo i Campionati Europei e invece l’immarcescibile, una volta avuta dalla Fiba la certezza dell’esclusione della Russia dalle qualificazioni Mondiali (ben si spiega ora tanta solerzia nella sua richiesta di sanzioni), ha anticipato i tempi.
Negli intendimenti di Petrucci, il Poz potrà così affrontare la partita delle qualificazioni contro l’Olanda senza pressioni esagerate (Italia già qualificata alla fase successiva) e preparare gli Europei con tutta calma, buttando dentro pure quei senatori ormai giustamente misconosciuti da Sacchetti. Il nobile Meo l’aveva giurato e spergiurato: chi ha detto no alla Nazionale a giugno 2021, crogiolandosi sulla presunta impossibilità di vincere a Belgrado, con lui dalla porta principale e pure da quella secondaria non sarebbe più rientrato. Tutelare il gruppo che ha portato l’Italia alle Olimpiadi, far crescere i giovani e, soprattutto, continuare a battere una strada che aveva dato risultati. A differenza della versione senatoriale con Belinelli, Datome, Gallinari ed Hackett tutti dentro.
Sempre Gamba ha dichiarato alla Gazzetta: “Pozzecco mi è simpatico, ma non ha allenato tanto ad alto livello”. Basterebbe fermarsi qui, senza rinnovare i tristi episodi che il Poz l’hanno visto protagonista proprio da allenatore, ovvero le numerose espulsioni, le camicie strappate, la squalifica per bestemmie e la sospensione ricevuta dal suo stesso club. Basterebbe. Ma i numeri hanno sempre una loro forza. E allora, Pozzecco ha collezionato da capo allenatore 152 presenze fra Capo d’Orlando (A2), Varese (A1), Fortitudo Bologna (A2) e Sassari (A1). Il suo palmares recita: 1 Supercoppa Italiana e una Fiba Europe Cup (la quarta competizione continentale per club … per importanza).
Vi risparmiamo il confronto nel dettaglio con Sacchetti, forte di uno scudetto, 3 Coppe Italia, 1 Supercoppa, 3 promozioni e 2 titoli come miglior coach di serie A, perché l’età non deve rappresentare un handicap, ma una domanda ce la poniamo. Trinchieri, Vitucci, Bucchi, De Raffaele e Banchi. Già questi sono i nomi di 5 allenatori con più esperienza e solidità (intesa a 360°) di Pozzecco. Senza dimenticare il quasi italiano Djordjevic o altri che avrebbero potuto fare bene. Insomma, c’era proprio bisogno di puntare su un coach tutto da scoprire e irrequieto come Pozzecco? La risposta l’affidiamo ad un altro personaggio che, di pallacanestro, ne ha masticata, come Valerio Bianchini. “Spero che Pozzecco se la cavi ma nominare coach della Nazionale, ovvero guida e ispiratore degli allenatori italiani un quasi debuttante senza risultati di rilievo in campo internazionale mi sembra un grave vulnus per la categoria. Per fortuna Petrucci non è appassionato di ippica come Caligola che fece senatore il suo cavallo”. Standing ovation.