La musicologa riminese Giulia Vannoni a Santarcangelo

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È nato prima il numero o la musica? E la “musica delle sfere” rappresenta la più perfetta descrizione dell’armonia universale? Una schiera vastissima di scienziati antichi e moderni, da Keplero a Galileo, da Darwin a Marie Curie, da Einstein a Turing, sono i protagonisti, all’opera e in musica, de Il canto della scienza. Come il teatro musicale interpreta Galileo, Einstein e gli altri di Giulia Vannoni, recentemente edito da Bulzoni. Il volume sarà presentato dall’autrice, docente e musicologa riminese, autrice di varie pubblicazioni di carattere scientifico e musicale, il 21 maggio alle 16.30 alla Celletta Zampeschi (via della Cella 9, ingresso libero), nel corso dell’ultimo appuntamento di “I colori della scienza”, edizione 2023 degli incontri di “Libra” curati da Miresa Turci.

Vannoni, come si è delineato nei secoli il rapporto tra scienza e musica?

«Nell’antichità fu un argomento eminentemente filosofico, di cui si occuparono i teorici della conoscenza, a partire da Pitagora. Il discorso assunse un aspetto geometrico scientifico con Keplero, che descrisse nelle sue leggi il moto dei pianeti, regolato da processi armonici, quindi trasformabile in frazioni corrispondenti a intervalli musicali. Una rivoluzione esaltata da Paul Hindemith nella sua grandiosa opera “Die Harmonie der Welt” (1957). Analoga celebrazione costituisce l'opera di Poul Ruders “Tycho” in 3 atti (1987) su libretto di Henrik Bjelke, dedicata al famoso astronomo e astrologo danese Tycho Brahe».

Perché il Seicento rappresentò un’epoca di svolta epocale?

«Da principio avvenne con Vincenzo Galilei, padre di Galileo, uno fra i massimi teorici musicali, termine con cui s’indicava non il semplice suonatore di qualche strumento, ma chi conosceva la teoria legata all’arte dei suoni, e membro della Camerata Fiorentina, storico cenacolo di letterati e musicisti al cui interno, sul finire del Cinquecento, era nato il melodramma. Poi fu Galileo, con la formazione musicale teorica e pratica di cui era dotato (suonava il liuto) a individuare la natura fisica dell’ascolto che viene percepito attraverso la vibrazione della membrana del timpano. Inoltre, poiché ancora non si utilizzavano gli orologi, la sua abitudine a scandire il ritmo si rivelò utilissima nella conduzione di molti esperimenti, dove era necessario misurare il tempo, come per il moto del pendolo. Un’ottimistica visione della scienza ed esaltazione del piacere della ricerca animano l’opera intitolata al nome dello scienziato pisano di Philip Glass, musicista con studi di matematica alle spalle e che ha dedicato altre opere a importanti scienziati».

Nella musica contemporanea si assiste a un’interesse sempre crescente dei compositori nei confronti della scienza e dei quesiti drammatici che pone all’umanità.

«Certamente questo è apparso con evidenza in opere che hanno avuto significato di svolta nel teatro musicale moderno, come “Einstein on the beach” di Philippe Glass, progetto e regia di Bob Wilson del 1976, con brevi segmenti di poesia e testo che si sviluppano sui temi come la relatività generale e le armi nucleari, così come nell’opera “Il mondo distante dalla terra” che rimanda alla figura di Robert Oppenheimer, il padre dell’atomica».

* Giulia Vannoni, “Il canto della scienza. Come il teatro musicale interpreta Galileo, Einstein e gli altri”, Biblioteca di Cultura 762, Bulzoni 2023, pp. 186, euro 17

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