La borgata che danza, quando la musica è cultura

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Colorato incontro di culture che si esprimono da sempre attraverso la musica, la danza e il canto (un universo sonoro che anche l’Unesco annovera nel patrimonio culturale immateriale), ritorna dal 16 al 19 settembre, per la 28ª volta nel nucleo storico della borgata vecchia, La borgata che danza, festival di strada di musiche della tradizione orale, con direzione artistica di Gualtiero Gori e l’organizzazione del servizio comunale alle Attività e beni culturali.

Gori, dopo la lunga chiusura dovuta alla pandemia, come avete tradotto anche nel vostro programma l’esigenza per il pubblico di ritrovare vita e identità in musica e canto?

«Dando nuova vita, attualizzandoli, i vecchi repertori da ballo dell’Emilia-Romagna, sia di liscio che staccato, estranei all’immagine e ai circuiti più stereotipati e commerciali, che rappresentano un pilastro sottovalutato della nostra identità regionale».

“Cosa è successo, per quali ragioni, dove stiamo andando?” si intitola uno dei talk in programma.

«Cercheremo di comporre le tessere del liscio regionale, nel rispetto delle sue specificità, dando rilievo – accanto all’ansia e al desiderio di “contaminazione” tipici di un mercato globalizzato – alle esigenze di studio e valorizzazione del suo immenso patrimonio storico, e ponendo l’attenzione sulle poche formazioni che si dedicano al liscio acustico e al ballo staccato, sul solco della tradizione più antica».

Appuntamenti di rilievo di questa nuova edizione?

«Fra i tanti segnalo quelli con Placida Staro e Giuseppe Michele Gala, figure di primo piano nel panorama degli studi e delle ricerche sul patrimonio etnocoreutico nazionale, come il laboratorio di musica strumentale con I Lom de Grèn, collettivo di giovani musicisti che ha lo scopo di portare avanti la tradizione antica (pre-liscio) dell’Emilia-Romagna».

Anche in questa edizione il festival sarà introdotto da due serate al cinema teatro Astra, dedicate al Laboratorio di documentazione e ricerca sociale e a Bellaria Igea Marina “Un paese da raccontare”, con la presentazione di video realizzati negli anni Novanta. La memoria documentale si arricchisce anche del documentario “La fornace che costruì un paese”, realizzato da Alessio Fattori, che getta nuova luce sulla fornace Varni-Vannoni, costruita nel 1925, oggi protagonista, sottolinea Gori, di un lungimirante progetto di recupero, che mira a restituire alla collettività uno spazio che per decenni è rimasto in disuso.

Come di consueto, via al girotondo di incontri con musiche di diverse culture, che vedranno protagonistr, con la bellariese Uva Grisa, anche La Carampana, Lom de Grèn (Romagna), Suonatori della Valle del Savena, Folk a Busso, I Musetta e gli Amici delle Valli Piacentine (Emilia), Rinaldo Doro, Beatrice Pignolo e il Gruppo Piemonte Cultura Lj Danseur del Pilon (Piemonte).

Infine, dedicata alla storia del folk revival degli anni ’50 e ’60, la presentazione del volume “Storie folk” di Maurizio Berselli.

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