L'Osteria dei Frati di Roncofreddo compie dieci anni

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Quando Giorgio e Valentina decisero di aprire la loro osteria 10 anni fa era febbraio. Dovettero rimandare di qualche settimana perché era il 2012 e quello fu l’anno del nevone che in tutta la Romagna, e nel Cesenate in particolare, ricordano benissimo. La neve alla fine portò fortuna a questa impresa nata dalla passione, sono infatti passati dieci anni e a dire il vero i festeggiamenti sono iniziati l’estate scorsa, con una storica cena insieme a Giuliana Saragoni della Locanda del Gambero Rosso, tornata eccezionalmente ai fornelli proprio all’Osteria dei Frati. Si sono poi susseguite cene con altri colleghi e amici con cui lo chef dell’osteria Giorgio Clementi è cresciuto in questi due lustri diventando il cuoco che è oggi. Ma la festa che culminerà quindi nella serata del primo marzo, primo marzo fu poi la data di apertura 10 anni fa, con una cena tutta a quota dieci: dieci mani, le sue e quelle degli amici chef Fabio Drudi, Gabriele Eusebi e Matteo Broccoli ex Povero Diavolo, e dieci portate, che però è già sold out. Ci saranno però altre serate evento, almeno una al mese, per tutta la durata dell’anno, insomma la festa si prolunga.

Dal negozio alla cucina

Giorgio Clementi, oggi chef, in realtà non ha mai smesso l’attività da cui era partito, quella di negoziante di abbigliamento e calzature sportive e casual da uomo a Bellaria. «Il negozio è andato avanti, tuttora quando preparo i campionari però non faccio altro che pensare alla cucina, e anche da qui mi vengono spunti, ad esempio abbinare i colori...». Una passione irrefrenabile per il cibo e i prodotti, condivisa con la moglie Valentina Grandotti che in famiglia invece aveva già vissuto il mondo della ristorazione. E che li portò a rilevare la mitica osteria di Renato Brancaleoni, già re dei formaggi, sul cucuzzolo di Roncofreddo.

Una nuova tradizione

Renato Brancaleoni aveva creato un format nuovo che per anni aveva attirato le persone: pochissimi piatti in realtà, ma salumi eccellenti, grandi vini, e il suo “orologio dei formaggi” con 12 tipi diversi che attiravano persone anche da lontano – racconta Giorgio –. Lui poi si è concentrato sul suo lavoro di affinatore alla Fossa dell’Abbondanza, quindi è arrivata una nuova gestione che si è voluta discostare completamente e non è stata fortunata. Noi abbiamo fatto l’opposto. Siamo partiti che in cucina eravamo io e mia suocera e facevamo piatti di stretta tradizione romagnola. Ricordo che per la prima sera avevo preparato tutti i cavalli di battaglia romagnoli: tagliatelle, cappelletti, pollo alla cacciatora e coniglio in porchetta. L’unica concessione fu una vellutata che preparai con tutti gli scarti dei carciofi, che erano cucinati invece per contorno. Ecco, lì c’era la mia prima idea, quella del recupero, anche di ricette e non solo per una cucina senza scarti, per inventare qualcosa di nuovo da qualcosa che in realtà esisteva già, la tradizione può regalare ancora grandi piatti. Io poi, che sono autodidatta, intanto studiavo, giravo molto insieme a Valentina, mi confrontavo, conoscevo cuochi da cui assorbivo tutto il possibile. La prima che mi incoraggiò fu Giuliana Saragoni, poi incontrai Riccardo Agostini, Omar Casali, Piergiorgio Parini, che considero miei maestri e che mi hanno aperto la mente. Così un poco alla volta la mia cucina si è evoluta. Quando mia suocera poi aprì il suo locale a Savignano, io rimasi solo, ma libero di sperimentare tutto quello che avevo in testa e che ho potuto esprimere grazie a mia moglie Valentina, che lavora con me curando sala e vini e me lo ha permesso».

Cucina in movimento

Se quel carciofo iniziale è poi diventato anche il simbolo che campeggia nel logo dell’osteria, il tempo ha portato recuperi ed evoluzioni a ripetizione.

Due piatti-esempio per tutti: i monfettini, che Clementi prepara risottati cambiando di stagione in stagione il condimento e il pancotto. «Questa è una “scoperta” recente che è piaciuta e direi soprattutto ai nostri clienti più giovani –racconta lo chef –. È senza dubbio un piatto del passato, ma qui si fa a modo nostro, partendo da un brodo di prosciutto in cui cuociamo il pane, che poi raffreddandosi si compatta, quindi lo condiamo in vario modo: con tartufo, con ragù, con crumble di pancetta affumicata o fonduta di Parmigiano Reggiano, e lo gratiniamo in forno. C’è l’elemento del recupero, della tradizione e del futuro, insomma un po’ tutte le idee su cui ho lavorato in questi anni, e da cui so di dover ancora tirare fuori tanto. In questo lavoro non ci si ferma mai». Per arrivare, almeno fin qui, al “kiwi tonnato, capperi e puntarelle” che è uno dei suoi piatti in menù alla cena del decennale.

Conserve future

Qualche idea per il futuro, che nasce sempre dalla cucina, Giorgio ce l’ha. «Da grande voglio fare il salumiere...» scherza, ma non troppo. In carta ha eliminato ogni salume che non siano culatello e mora del presidio Slow Food (Osteria dei Frati è in guida e chioccolato da qualche anno, e aderisce all’Alleanza dei cuochi promossa dalla stessa associazione). E mentre penserà se attrezzare la sua cantina per affinare salumi, studia come mettere in vasetto il suo paté di fegatini e la sua mitica giardiniera. Progetto che dovrebbe decollare a breve. A dieci anni in fondo si è bambini.

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