L'oro di Burri torna a Ravenna, al Mar dal 14 ottobre

La città di Ravenna si prepara a celebrare il suo legame con Alberto Burri, artista scomparso nel 1995 che a Ravenna ha trovato ispirazione per le opere dell’ultima fase della sua vita.

Era il 1988 quando Burri avviava un rapporto di collaborazione con il Gruppo Ferruzzi: se molte delle opere realizzate sotto l’influenza dei mosaici bizantini non hanno poi trovato corrispondenza nella committenza Ferruzzi, la monumentale opera scultorea “Grande ferro R” campeggia tuttora nell’area esterna del palazzo Mauro de André. La storia di Burri a Ravenna, tuttavia, era iniziata qualche anno prima, con il progetto di un’opera che avrebbe dovuto inserirsi nel Parco della pace, mai realizzata.

Un legame profondo e proficuo, dunque, quello fra la nostra città e uno degli artisti più significativi del Novecento. Che si traduce, dopo molti anni, in una grande mostra nell’ambito dell’VIII Biennale di mosaico contemporaneo: Burri Ravenna Oro, a cura di Bruno Corà, presidente della Fondazione Palazzo Albizzini collezione Burri di Città di Castello.

«Concependo diversi cicli di opere – si legge nella presentazione – ispirate alla storia e alla cultura artistica della città, Burri, in una delle sue ultime serie, incarna e trasfigura nel contrasto di nero e oro, buio e luce, il dialogo con il mosaico storico ravennate, in equilibrio tra spiritualità e materialità, nell’attualità di una città in cui le vestigia del passato si sono progressivamente intrecciate agli sviluppi produttivi e industriali del presente». Se la mostra sarà il fulcro tematico della Biennale, offrirà anche «l’opportunità – secondo il curatore Daniele Torcellini – di mettere in campo un riferimento tematico con cui guardare all’intera Biennale, un vero e proprio allargamento di campo semantico, a partire da Burri e dalla sua visione dei mosaici bizantini».

«Un mostra attesa da tempo», ha confermato il sindaco Michele De Pascale nel corso della presentazione: «il legame di Burri con Ravenna affonda le radici in un periodo molto importante per la nostra città, che è ancora una ferita aperta».

Un grande evento espositivo, per il rilancio del Mar all’indomani del nuovo allestimento, che punta non solo a raccontare il forte legame di un grande artista con la nostra città, ma in qualche modo anche a sanare antiche ferite: «Non una retrospettiva – come evidenzia il direttore del Mar Roberto Cantagalli – ma un grande evento pensato a partire dal rapporto tra l’opera di Burri e Ravenna, una produzione del tutto originale che non ripercorre progetti già realizzati».

La mostra Burri Ravenna Oro sarà inaugurata nelle sale del Mar il 13 ottobre, e rimarrà visitabile fino al 14 gennaio 2024, con circa cento opere di un repertorio mai fino ad ora così vistosamente esibito: accanto al “ciclo San Vitale”, costituito da grandi cellotex dipinti ad acrilico e di colore nero, i dipinti “Nero e l’oro”, ispirati alla cultura musiva di origine bizantina sviluppatasi a Ravenna, e gli esemplari che hanno meritato a Burri il Premio nazionale dei Lincei per l’opera grafica nel 1973. Scriveva Arcangeli, uno dei grandi estimatori di Burri: «Sulla grande tela, opaca presenza di una tenebra, i cenci, tutti variati nel loro timbro da un pittore sapiente, si agitano, squassati da un funebre vento di demenza, ma senza abbandonare il loro luogo obbligato – dalle ragioni della composizione, direbbe una critica formale – da una tetra necessità medianica, diciamo noi».

Fondamentale per la realizzazione dell’evento la collaborazione con la Fondazione Palazzo Albizzini collezione Burri, fondata nel 1978 dallo stesso Burri con la donazione di trentadue opere e che oggi conserva lo scopo di «gestire e conservare l’esposizione permanente delle opere dell’artista» e «promuovere gli studi sull’arte del Maestro e la sua collocazione nel tempo».

«Per noi è un ritorno di Burri in una sua casa – spiega il presidente della fondazione – Ravenna negli ultimi anni è stata un pensiero felice e costante». L’incontro con la città bizantina ha fornito più elementi di ispirazione: «L’elemento della luce e dell’oro – continua Corà – l’immagine attraverso la visione frammentaria del mosaico è stata fondamentale per Burri». Per poi concludere: «L’arte non è antica, moderna o contemporanea, ma è tutta contemporanea, un eterno presente perché siamo noi oggi ad apprezzarla. L’arte ha il pregio di scavalcare il tempo e questo è il miracolo che compie: Burri sapeva che ci sarebbe stato un tempo in cui il suo spirito e la sua arte sarebbero tornati a Ravenna».

Info www.mar.ra.it

I figli di Boschidonano due opereai Musei di Forlì

In occasione della mostra antologica che l’associazione “Pittore Fernando Boschi” ha allestito all’Oratorio di San Sebastiano, i figli dell’artista forlivese, Maria Pia e Piero Boschi hanno donato due dipinti ai Musei Civici di Forlì. Si tratta di “Capanni in Valle” e “Autoritratto”. Fino a martedì 11 aprile l’Oratorio di San Sebastiano ospita la mostra antologica “Fernando Boschi” (1916-1975), che ripercorre la storia pittorica dell’artista dalla giovinezza alla morte, avvenuta a soli 59 anni. Per gli amici era “Buschì” e fin da ragazzo fu considerato un talento; si dedicò da subito alla pittura, frequentando a Bologna lo studio di Pietro Scapardini che eseguì per lui nel 1931 un ritratto a matita, presente in mostra. Dal 1930 al 1939 si avvicinò a Maceo Casadei che fu suo maestro e amico. Nel 1939, richiamato alle armi, cessò ogni attività per riprenderla nel 1956, impegnandosi fino alla scomparsa. Orario: 10.30 alle 12 e dalle 17 alle 19.30. Ingresso libero.

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