L'agricoltura aspetta il decreto flussi; servono più lavoratori

Il mondo dell’agricoltura romagnola guarda al nuovo decreto flussi e, già adesso, si domanda come farà a rispondere alla carenza di organico che il settore sta scontando negli ultimi anni. Il nodo dipendenti ha infatti da tempo assunto le sembianze di una matassa quasi indistricabile, con la manodopera formata ormai ridotta al lumicino e un decreto flussi che, l’anno scorso, «non ha affatto funzionato» ricorda Andrea Betti, presidente di Confagricoltura Ravenna. Il problema è che i numeri di cui si sta parlando adesso prevedono 44mila ingressi di extracomunitari che verranno destinati al lavoro stagionale in tutta Italia, di cui 22mila per il solo comparto agricolo. «Numeri che – spiega Betti – saranno del tutto insufficienti a rispondere alle esigenze del settore romagnolo, dove l’anno scorso la carenza di personale è stata talmente tanto grave che aziende anche piuttosto strutturate hanno dovuto lasciare parte del prodotto in campo, vista l’impossibilità di riuscire a raccoglierlo».

Sempre più stranieri

Il tema è rilevante soprattutto per un aspetto, ossia che il comparto agricolo, anche in Romagna, è ormai da anni sempre più dipendente dalla forza lavoro straniera. Uno studio realizzato nel 2019 da Crea su dati Inps mostra come negli ultimi dieci anni la quota di operai agricoli italiani sia diminuita di un sostanzioso 10%, mentre quella degli operai agricoli stranieri è cresciuta nello stesso periodo quasi del 36%. Due dati in controtendenza che hanno condotto a questo tipo di risultato: prima della pandemia un terzo dei lavoratori del settore era di origine extracomunitaria. Insomma, è evidente che ciò di cui si sta parlando è un sistema economico che si regge proprio sul lavoro di personale straniero. «Lei pensi che per una decina d’anni abbiamo avuto tante famiglie provenienti soprattutto dall’Albania che stavano con noi lungo tutto l’arco della stagione lavorativa. In questi due anni però – riprende il discorso Betti di Confagricoltura – hanno trovato altri sbocchi lavorativi, lasciando un vuoto difficile da colmare. Una parte di coloro che erano rientrati in patria non sono più tornati, perché hanno trovato lavoro in altri Paesi d’Europa, altri invece sono stati assorbiti dal comparto edile che, spinto dall’effetto bonus, ha avuto una crescita impressionate».

Il nuovo decreto flussi avrebbe quindi dovuto essere la risposta alle richieste avanzate anche da parte del mondo dell’agricoltura, ma come detto prima dal presidente dell’associazione ravennate «le previsioni di ingresso sono del tutto insufficienti». Basti pensare che l’intero segmento agricolo romagnolo cuba oltre 30mila addetti, di cui appunto un terzo circa stranieri per lo più stagionali.

Nodo formazione

Che dire poi del nodo formazione che, per quanto tecnico, è forse il più delicato quando si parla di affrontare una stagione in campagna a ritmi serrati. «Le cooperative che si occupano di fare accoglienza – ricorda Betti – non riescono ad occuparsi anche della formazione, col risultato che da noi si presentano persone assolutamente impreparate». Creare delle sinergie con gli istituti professionali potrebbe essere una strada, ma come detto prima sono sempre meno coloro che vedono nella terra il loro futuro. Per questo ora l’imprenditoria che ruota attorno a Confagricoltura aspetta il giorno del “click day” – fissato al sessantesimo giorno dalla pubblicazione del Dpcm – quando le aziende potranno presentare le domande con le richieste per i lavoratori stagionali stranieri. «A quel punto i nodi verranno al pettine».

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