L'Adriatico nel piatto e dipinto di Mariano Guardianelli

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L’ultimo miglio sarà costituito da questo fermo pesca, poi a un anno esatto dall’avvio prenderà forma la nuova fase del progetto Hadria 37 firmato dallo chef Mariano Guardianelli di Rimini (una stella Michelin con il suo Abocar- Due cucine). Lo ha raccontato all’ultima edizione di Al Meni durante gli incontri di Slow Food Emilia-Romagna.

Le sue sperimentazioni con l’antica tecnica del Gyotaku, che consiste nell’imprimere le sembianze di un pesce su carta di riso dopo averlo inchiostrato con il nero di seppia, si sono affinate e ora maneggia pennelli come faceva già coi coltelli in cucina. “Ritrae” i pesci come quelli che un anno fa portò in stampe di grande formato al Mercato coperto di Rimini per sensibilizzare sul consumo stagionale della pesca del nostro mare, Hadria è infatti il nome antico dell’Adriatico, 37 la zona di pesca Fao dell’intero bacino mediterraneo, che lo comprende. A breve saranno pronte nuove “stampe ittiche” firmate dallo chef, numerate e serigrafate, e anche le magliette coi “ritratti” di sei specie nostrane: «Zanchetta, razza, soaso, San Pietro, triglia e sardoncini – elenca lo chef questo singolare menù –. Sei tipologie di pesce più o meno conosciute e caratteristiche di queste zone, alle quali spesso pescherie, cuochi e consumatori preferiscono altro, magari allevato, o magari solo perché più costoso e ritenuto per questo di maggiore pregio, oppure perché completamente sconosciute. Il messaggio è: conoscere i pesci del nostro mare, rispettarne la stagionalità, ma soprattutto essere flessibili nel creare i nostri menù in base alla loro reperibilità. Questo può sembrare un po’ radicale, comporta certamente un impegno in più in cucina, ma sono convinto che se ognuno fa la sua parte, anche piccola, qualcosa può migliorare». Ecco quindi che questo progetto si allarga, e oltre a voler coinvolgere i colleghi (sono pronti gli invii di una sessantina di magliette ad altrettanti chef italiani ma anche spagnoli e francesi), si impegna concretamente a sostenere chi del benessere del mare e delle creature che lo abitano si occupa ogni giorno, salvando tartarughe e delfini che restano impigliati, studiando nuove reti e togliendo la plastica dal mare, come la Fondazione cetacea di Riccione, prossima a trasferirsi proprio a Rimini. «Ogni maglietta verrà venduta tramite il nostro sito a 25 euro, per ciascuna 5 euro andranno alla Fondazione cetacea» annuncia Mariano, e un ulteriore contributo arriverà anche dalle stampe. Intanto in cucina mette in pratica quello in cui crede e l’impegno si intensifica proprio nel periodo di fermo pesca che in Adriatico è scattato il 31 luglio e durerà fino ai primi di settembre.

Il pescato in menù ad Abocar si adatta quindi alla contingenza, ma non per questo sparisce. Ad esempio, in questo periodo nel menù Abocar si trova un piatto strepitoso di cozze, mandorle, erbe marine e pepe nero che concentra un bel po’ di Adriatico e da sé varrebbe una sosta. «In fondo si tratta solo di poche settimane – spiega lo chef –. Io mi attrezzo pulendo e abbattendo qualche pesce di grossa pezzatura intero in più, fino a che sono disponibili al mercato, poi lo scongelo e lo sfiletto quando mi serve. Così posso coprire almeno una settimana o due in più, poi si andrà su pesci più di conserva come ad esempio il baccalà, e se qualche piccola barca pesca nelle miglia consentite che so un soaso o un merluzzo si vedrà. Intanto le cozze romagnole si trovano in abbondanza per tutta l’estate… Il mare non è un campo, è selvatico e siamo noi a doverci adattare a lui».

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