Imola, tra i castagneti di Castel del Rio: molti sono ancora inaccessibili

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Sono passati quasi tre mesi, e per la più pregiata coltura della vallata, il marrone Igp di Castel del Rio, il tempo sembra essersi fermato alla pioggia devastante di maggio. Non c’è ancora un censimento preciso dei castagni secolari divelti dalle frane causate dalla mole incredibile di acqua caduta in occasione dell’alluvione della Romagna, anche perché intere selve da allora non sono più state raggiungibili a causa degli stravolgimenti della geografia appenninica.

Il calcolo del danno

Nel 1976 l’estensione del castagneto delle nostre zone ammontava a 455 ettari, oggi a 411. Il calo quindi non è stato drastico sul lungo periodo, ma se all’indomani dell’ondata di maltempo che ha travolto la Romagna la stima era che ne potesse essere andato perduto un altro 10%, ora i castanicoltori della Valsanterno potrebbero trovarsi di fronte a un danno maggiore. «Inutile illudersi più di tanto. Il fatto è che una frana non porta solo perdita di stabilità di un terreno, ma anche perdita di fertilità – spiega Giuliano Monti presidente del consorzio del marrone di Castel del Rio Igp –. Per questo la raccomandazione per tutti noi è stata quella non tanto di perdere tempo con con le piante perdute, ma di rimettere mano ai terreni chiudendo più possibile le crepe e ottimizzando lo sgrondo delle acque per evitare nuovi smottamenti e con essi la perdita di strati superficiali e nuovi slittamenti di terreno». Intanto anche altri castanicoltori, come Monia Rontini de Il Regno del marrone, confermano che «oltre ad aver perso molte piante secolari, tante sono rimaste con l’apparato radicale in parte scoperto e anche quelle abbiamo visto che si stanno seccando, quindi il danno aumenterà».

Accessibilità critica

Ma oltre alla conta di quanto è andato perduto, per il quale i castanicoltori sono rassegnati, quello che li ha assorbiti fin da subito, ma è tutt’altro che sciolto, è il nodo della viabilità e dunque dell’accessibilità ai castagneti. «Il 28 luglio è stata fatta una riunione in Comune per mettere a punto i criteri per la pubblicazione del bando con cui il comune stanzia 40mila euro per il nostro settore e specificatamente per ripristinare le vie di accesso ai castagneti – spiega Monti –. I fondi dovrebbero essere stati reperiti grazie alla disponibilità dell’Anci e di un istituto di credito, siamo in attesa dell’imminente pubblicazione. E questi sono i primi soldi pubblici che vediamo, altro che indennizzo al 100%. È ovvio che non possiamo più aspettare la burocrazia, io ho fiducia nel commissario Figliuolo, ma al momento questo è tutto quello che possiamo ascrivere alla voce sostegni pubblici, oltre all’accordo che il Comune ha atto con alcuni frontisti nella zona della selva di Sestetto per agevolarli». «Per ora abbiamo potuto lavorare come privati sulla viabilità interpoderale per sistemare un minimo per accedere e tagliare i castagni divelti dalle frane, nel mio caso un centinaio di castagni secolari, ma non sarà finita qui ne sono certa, altri continueranno a seccarsi anche fino all’anno prossimo laddove il terreno è venuto letteralmente a mancare – conferma Monia Rontini –. Se a piedi arriviamo ovunque oggi, restano ancora tantissime zone inaccessibili a mezzi di ogni genere, alcune strade dubito che saranno mai più praticabili e quelle selve raggiungibili. In forse ci sono sicuramente alcuni ettari di castagneto». Scavatori e personale specializzato, è quello che chiedono i castanicoltori per essere aiutati, oltre ai fondi. Intanto, provati dalle calamità naturali, alluvione alla quale ha fatto da contraltare la siccità, e in più la vespa cinese non ancora debellata, i castagni sembra non abbiano molti ricci sui loro rami. «L’annata certo sarà difficoltosa più che mai, ma proviamo ancora una volta ad essere ottimisti e a raccogliere quello che verrà avanti. Ma per farlo nei castagneti dobbiamo entrarci», dice Monti.

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