Imola, la presidente di Medici senza frontiere salvata dalla piena

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Ha affrontato gli scenari peggiori, quelli di guerre e disastri naturali in paesi in genere lontani da casa, dove ha prestato aiuto con il camice di Medici senza frontiere. Monica Minardi, medico imolese, è la presidente nazionale della stessa associazione per la quale ha compiuto diverse missioni, la prima nel 2000 in Angola durante la guerra civile, poi in Pakistan nel 2009 alla frontiera nord ovest dove si era radunato un milione e mezzo di sfollati interni per i conflitti fra governo e talebani, fino due mesi fa era in Etiopia. Questa volta è stata lei a trovarsi dalla parte di coloro che hanno avuto bisogno di aiuto «e ho capito cosa vuol dire: ci si sente vulnerabili, come senza pelle».

«Quando abbiamo sentito l’elicottero arrivare siamo corsi alla finestra per segnalare che eravamo lì. Abbiamo provato a salire sul tetto, ma non era sicuro, quindi siamo scesi al piano terra, immersi nell’acqua gelida e fetida fino al petto. In cinque, io, mio marito, mia figlia minore che ha 16 anni, i miei genitori e il nostro cane Sancho». Prima di quel momento erano trascorse 20 ore, iniziate con un allarme che aveva messo in allerta la famiglia che abita nelle campagne di San Prospero. Per questo si erano premuniti seguendo tutte le istruzioni del caso: messa in sicurezza delle auto, stacco di luce e gas, sacchi di sabbia e tavole di legno alla porta, e per un certo periodo avevano continuato a sentirsi al sicuro nella propria casa. Poi tutto è precipitato all’improvviso. «Dopo le piogge di inizio maggio avevamo avuto qualche centimetro di acqua, abbiamo pensato che fino a una quarantina di centimetri si sarebbe potuto gestire e ci siamo messi in sicurezza, ma non siamo andati via – dice Minardi –. Alle 16 è arrivata la piena come previsto, poca cosa. Alle 19 la seconda, ci sentivamo ancora sicuri. Alle 22 abbiamo sentito un rombo, era crollato il muretto di cinta della casa la casa era all’improvviso in mezzo alla corrente. Siamo saliti al primo piano e abbiamo dato l’allarme. I vigili del fuoco hanno provato ad arrivare ma non era possibile e hanno avvertito l’esercito. Per un attimo ho temuto che la casa non reggesse, ma non abbiamo disperato. Sapere che l’aiuto arriverà è il pensiero più confortante, abbiamo immaginato che a quel punto la situazione fosse difficile dappertutto». L’elicottero è arrivato alle 17 del pomeriggio dopo. Il salvataggio è stato ripreso anche dalle telecamere dell’esercito.

Dopo aver lavorato per anni in Inghilterra, fra una missione e l’altra, oggi Monica Minardi è rientrata in Italia e fa il medico di medicina generale a Sesto Imolese. «Due mesi fa ero in Etiopia, ora sono io ad essere salvata. Un giorno si aiuta e quello dopo si riceve aiuto. In queste situazioni ognuno fa del suo meglio per i propri simili – riflette –. Penso ai nostri progetti, in Pakistan: anche lì un’inondazione enorme ha colpito il Paese e dopo quasi un anno noi di Msf siamo ancora al lavoro per porre rimedio alle conseguenze di quella tragedia. In contesto già fragile come quello le conseguenze sanitarie sono enormi. Certo la nostra è una situazione estremamente diversa, ma il fango trascina con sé molti elementi inquinanti e batteri ed è bene porre attenzione anche qui, cercare di disinfettare gli ambienti dopo aver lavato con acqua corrente quello che è stato immerso nel fango, usare guanti,lavarsi e disinfettarsi molto le mani mentre si lavora per ripulire. Poi ci sono gli effettisulla salute mentaledi certi episodi che non sono pochi, penso a molte persone anziane che pur nel pericolo non vogliono lasciare le loro abitazioni. Un fatto come questo è uno è choc importante per le persone».

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