Imola, agricoltura: stagionali, il lavoro cala del 30%

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Il clima è cambiato. In agricoltura si lavora meno, si lavora peggio. Non è il caso di generalizzare, ma le stagioni degli ultimi anni hanno visto un calo delle giornate lavorate per via di vari fattori, ai quali le alluvioni sono solo andate ad aggiungersi. Da diverso tempo, infatti, pesano le gelate tardive, la grandine, la siccità, le fitopatie, la cimice asiatica.

Anche nel circondario secondo le categorie dell’agricoltura dei tre maggiori sindacati confederali, la Flai Cgil di Imola, la Fai Cisl e la Uila Uil dell’area metropolitana di Bologna, quest’anno si lavorerà meno. «Dal 25 fino al 30% di giornate in meno» nella stagione, è il dato in cui si ritrovano Roxana Vlad, segretaria della Fai, e Angelo Giorgi della Uila. Con «conseguenze sull’indennità della disoccupazione agricola», spiega Veruska Grementieri, segretaria della Flai. A mettere in difficoltà i lavoratori stagionali non c’è solo il clima: c’entrano anche la crescente automazione e il cambiamento delle colture.

Il clima è cambiato

«Sono già diversi anni che a causa del cambiamento climatico i lavoratori di questo settore si trovano nella condizione di lavorare meno, essendo particolarmente legato al meteo e alla stagionalità – afferma Grementieri –. L’alluvione è stata un’aggiunta, ma da tempo si registrano perdite di prodotti, ad esempio per i caldi le e fioriture anticipate e poi le gelate, e quindi meno lavoro». Un esempio noto è quello delle albicocche, ma questo vale in generale per l’intero settore frutticolo: «Nell’Imolese quando manca la frutta la si va a prendere altrove, spesso dal Sud – aggiunge Vlad –. Non abbiamo ancora previsioni per la vendemmia, mentre per la raccolta delle ciliegie ci sono aziende che l’anno scorso faticavano a trovare manodopera e che quest’anno non riescono a garantire continuità ai lavoratori». «Sono anche cambiate le colture: le pesche sono diminuite a favore di altre, come le viti o le sementiere che producono meno manodopera perché è tutto meccanico», prosegue Grementieri. C’è poi la possibilità che chi abbia subito grosse perdite «l’anno successivo espianti tutte le piante da frutto e magari coltivi mais o girasoli», riflette Giorgi.

Qualità del lavoro

Nel Circondario non sono note situazioni di caporalato ma «condizioni ai limiti», come riferisce Giorgi, o «di lavoro grigio», come lo definisce Grementieri, sono presenti: «Si tratta di lavoratori regolarmente assunti ma in busta paga passa molto poco. Si vedono anche 8,6 euro lordi all’ora. Un tempo nel settore c’erano parecchie donne, prevalentemente nei magazzini: la stagione permetteva di affrontare l’anno facendo economia. Ora vi lavorano prevalentemente persone di origine straniera, anche in condizioni di maggiore ricattabilità. Parlano poco la lingua, conoscono meno il sistema ed è più difficile per loro far valere i propri diritti», spiega Grementieri. «In alcune aziende se il lavoratore non chiede la busta paga il datore non la fornisce, e il numero di giornate lavorate lo scopriamo solo l’anno successivo», prosegue Vlad. Anche per questo quello agricolo è un «contratto umile, per cui si fatica più che in altri mestieri ma la paga non va di pari passo», conclude Giorgi.

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