Il grande Luigi Poiaghi e la sua Resistenza al tempo

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Cinque anni fa muore Luigi Poiaghi (Corsico 1947 - Rimini 2017) l’artista lombardo che nel 1981 sceglie Cà Paesino di Verucchio in Valmarecchia per vivere. Virginia Cardi ne ripercorre la carriera mettendone in luce i momenti fondamentali rivelandone la “grandezza” nella scheda biografica e critica redatta per il catalogo della mostra del 1998, “53/85 Ricerche artistiche a Rimini nel secondo Novecento” curato da Simonetta Nicolini e Renzo Semprini per Silver Books di Misano, nel quale figurano alcune opere degli anni ’70 dell’artista.

Poiaghi vive e lavora a Milano esponendo in gallerie pubbliche e private. Dalla fine degli anni ’80 presenta il segno sottile delle sue eleganti e inusuali creazioni in diverse occasioni in Italia e all’estero. Nel 1993 crea l’“Angelo coi baffi” ispirato alla poesia di Tonino Guerra, dando origine al museo con un solo quadro di Pennabilli. Nel 2011 realizza per la rotatoria dell’Ospedale della Repubblica di San Marino, “come un volo di colombe”: uno stormo di 50 colombe bianche, una per ogni anno dalla fondazione dell’Istituto, ispirata ai valori della solidarietà, della pace e della libertà. Una immagine ripresa da una sua poesia che accompagna il progetto. Un’opera pubblica che fortunatamente sopravvive alla barbarie degli uomini paradossalmente deputati alla loro tutela.

Lo scempio di Bellaria

La cronaca: nel ’78 Poiaghi vince il concorso del Comune di Bellaria per un monumento che esalti i valori della lotta e dei sacrifici sostenuti per la liberazione e l’indipendenza dell’Italia. Nasce così “Passatopresente”, una grande gabbia metallica piena di massi provenienti dal Marecchia posata su un ampio piano in cemento diviso in 64 quadrati, in ognuno dei quali sono impresse le impronte dell’uomo. La struttura viene collocata nel ’79 davanti al Municipio. Trentacinque anni dopo, qualche giorno prima delle celebrazioni del 25 aprile del 2014, viene demolita dall’Amministrazione Comunale perché in stato di degrado. «Adesso invece del monumento, dal profondo, suggestivo e civile significato, è rimasto solo il suo piano spogliato di ogni simbolo e scritta, levigato a specchio col cemento a profanare la memoria, e sopra svettano quattro pennoni portabandiera. Altissimi: sembra di essere davanti ad un aeroporto o davanti ad un hotel sul lungomare romagnolo…».

È una parte della testimonianza di Mara Marani pubblicata da Pazzini di Verucchio in “Da da pensare”, gli atti dell’incontro del 6 luglio 2018 “Verucchio ricorda Luigi Poiaghi” nel primo anniversario della scomparsa, con una lettera di Rita Giannini, la premessa di Stefania Sabba e i contributi critici di Claudio Spadoni, Massimo Pulini e Luca Cesari.

Scamperà al tempo

«Scontroso al mondo dell’arte, celato per non dire murato dentro la sua ferrea armatura di finezze, di segni, di parole, Poiaghi, io credo, scamperà alla decimazione temporale», è la profezia di Cesari che si avvera, nonostante tutto, con “Se mi cerchi”, la mostra del 2021 alla Galleria dell’Immagine, promossa dal Comune di Rimini con la collaborazione di quello di Verucchio, dell’Anpi di Rimini, Verucchio e Bellaria-Igea Marina, organizzata da Annamaria Bernucci e Piero Delucca e curata da Claudio Spadoni con il puntuale catalogo di Pazzini introdotto da Giampiero Piscaglia.

Artista e spettatore
stessa persona

«Ho letto una frase di Poiaghi… Ora lo so, ma è tardi, la mia pittura sei tu, che guardi», scrive Spadoni, suggerendo come Poiaghi aggiunga alla citazione di Marcel Duchamp l’allusione a una reciprocità tra l’opera, l’autore e colui che, ricevendone sollecitazioni, suggestioni ed emozioni, finisce per diventarne parte integrante. Nel raffinato libro di fotografie “Ritratto per assenza” pubblicato nel 2012 sempre da Pazzini, Poiaghi inserisce “Grido”, una delle sue ultime sculture, l’urlo disperato dell’artista sopraffatto dall’arroganza di chi non è capace o non vuole percepire il messaggio.

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