Il flop dello "Sceicco bianco" di Fellini, poi diventato cult

Primi di settembre 1951, spiaggia di Fregene. Gli interpreti e la troupe sono pronti per accogliere le indicazioni del regista. Il set è quello de Lo sceicco bianco e il regista è il giovane Federico Fellini, al suo esordio in solitaria, dopo che l’anno prima aveva condiviso la responsabilità di Luci del varietà con Alberto Lattuada.

«Il primo giorno fu un fallimento totale – ricordava Fellini interrogato da Giovanni Grazzini (ora in Sul cinema, Il Saggiatore) – non girai nemmeno un’inquadratura».

Anche se poi su quel primo giorno, come riporta Tullio Kezich nel suo Federico (Feltrinelli), regista e collaboratori intervennero successivamente ad aggiustare il racconto, il film arrivava comunque al suo primo ciak, dopo un cammino segnato da svolte e cambi di mano.

L’idea iniziale di fare un film sull’universo dei fotoromanzi era stata di Michelangelo Antonioni che sull’argomento aveva già diretto il documentario L’amorosa menzogna. Il produttore Carlo Ponti, che avrebbe dovuto finanziare l’operazione, chiama a collaborare al copione Tullio Pinelli e Federico Fellini, i quali ne modificano l’impostazione (inizialmente il protagonista era un giovane imolese fuggito a Roma, dopo aver piantato la fidanzata, per iniziare la carriera di attore di fotoromanzi) e danno al racconto l’impronta che sarà quella definitiva.

«Mi attirava l’idea – confesserà il regista riminese a Charlotte Chandler in Io, Federico Fellini (Rizzoli) – di una coppia di borghesi di provincia a Roma. Mi identificai subito con loro, perché sapevo che era così che certuni mi vedevano: come un provinciale. E, da un certo punto di vista, avevano ragione».

E così prende corpo la storia di Wanda, fresca sposa di Ivan, che in viaggio di nozze a Roma sparisce per andare alla ricerca dell’adorato protagonista di una serie di fotoromanzi, lasciando nella disperazione il marito che fa di tutto per nascondere ai parenti l’assenza della consorte.

Messa a punto la sceneggiatura, a cui collabora anche Ennio Flaiano (inizio di un prolifico rapporto con Fellini che si protrarrà fino a Giulietta degli spiriti), il progetto passa nelle mani del produttore Luigi Rovere che spinge Fellini ad assumere la regia.

Non pochi problemi li presentò la formazione del cast. Decisa come protagonista Brunella Bovo (fresca del desichiano Miracolo a Milano), la scelta per il ruolo dello sposo, scartate diverse ipotesi (Croccolo, Macario, Rascel, Peppino De Filippo), cadde sul commediografo Leopoldo Trieste che, oltre a instaurare una profonda e duratura amicizia con Fellini, darà il via una singolare carriera di caratterista.

Imposto per amicizia Alberto Sordi come sceicco bianco, Fellini ha qualche problema familiare con la moglie Giulietta Masina che aspirava a essere la protagonista. Per lei il maestro riminese inventa la figura di Cabiria, giovane prostituta incrociata da Ivan nella notte: un ruolo anticipatore per Le notti di Cabiria.

Un altro nome importante legato al film è quello di Nino Rota, autore della colonna sonora, che da qui in poi formerà con Fellini un felice sodalizio, destinato a sciogliersi solo alla morte del musicista.

Il film, che in un primo momento sembrava destinato al Festival di Cannes, venne presentato il 6 settembre 1951 alla Mostra di Venezia, dove fu accolto in maniera decisamente tiepida dalla stampa. E anche le critiche successive, dopo l’uscita in sala, rimasero in linea, con qualche eccezione, come quella del cesenate Vittorio Bonicelli, che sul settimanale Tempo scriveva: «È un buon film, forse anche un ottimo film: comunque, senza dubbio, un film da “capire”».

Se l’esito al botteghino fu deludente, Lo sceicco bianco con gli anni ha trovato sempre più estimatori, compreso Francis Ford Coppola che nel 1999 lo ha richiamato esplicitamente nello spot della Illy Caffè, interpretato da Valentina Cervi e Massimo Ghini.

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