«A Mercato Saraceno il porcospino è una religione». Sì, ma panteista, dal momento che ogni casa “venera”, e giustamente, la propria versione di questo dolce. E ne è gelosa, e come ogni campanile di Romagna insegna, la reputa indiscutibilmente la migliore. A spiegare il culto di questo singolare dolce popolare proprio del paese nella Valle del Savio, è il fiduciario della Condotta Slow Food Cesena Luca Toni che continua a tener vivo, insieme a Comune e associazione culturale Fogli volanti, un appuntamento avviato alcuni anni fa dal compianto Gianpiero Giordani, anima di Slow Food Cesena, «che per primo, seppe trasformare la valorizzazione di questo dolce tipico in una festa vera e propria per il paese». Da inizio dicembre fino al Carnevale, il porcospino è oggetto di impegnative sessioni di cucina casalinghe, golosi pranzi delle feste, scambi di doni e affettuose cortesie, sfide e ricordi famigliari.
Da sfida a degustazione
Fermata dalla pandemia, quella che era nata come vera e propria sfida (impegnativa soprattutto per i degustatori giudici...), rimane oggi come degustazione e l’appuntamento è per mercoledì prossimo 8 dicembre in piazza Mazzini a Mercato Saraceno con la sesta Festa del porcospino. Il programma prevede alle 15 un laboratorio con la preparazione di un porcospino insieme con la vincitrice dell’ultima edizione, Roberta Sampaoli. Alle 17 si passa agli assaggi con i dolci preparati da: La Bottega del Pane di Balzani, Forno Bertozzi 1955 e Pasticceria Van Den Berg, in accompagnamento i vini passiti delle cantine locali Cantina Bartolini, Cantina Braschi, Castello Montesasso, Tenuta Casali, Tenuta Santa Lucia (posti limitati con prenotazione e green pass obbligatori: 339.7517793 o slowfoodcesena@gmail.com).
Il porcospino, piccola storia e ricetta
Burro, tanto, impastato a lungo con lo zucchero in misura quasi pari, fino a farne sparire ogni granulosità. Uova (ma c’è anche chi non le usa), savoiardi imbevuti di un mix di liquori e distillati (una bagna particolare la prepara apposta il bar Centrale del paese) e caffè, quindi una copertura finale di mandorle tagliate con pazienza ciascuna in quattro pezzi e tostate, a formare i caratteristici “aculei”. Tempo di lavorazione due giorni abbondanti, anche tre. «La tradizione di preparare il porcospino dolce risale probabilmente alla metà del Novecento. In particolare in paese si ricordano le sorelle Lea e Giuliana Manzelli, che producevano con particolare maestria, i dolci delle feste per tutto il paese, tra i quali proprio il porcospino – spiega Luca Toni –. Ora addentrarsi nel dettaglio della ricetta genera sempre un po’ un vespaio, ci sono almeno due o tre persone che conservano ricette più “antiche”, compresa quella delle sorelle Manzelli, lo dice anche mia mamma che la sua è originale e anche un bar del centro afferma lo stesso. Insomma, il fatto è che gli accorgimenti e i ritocchi nel tempo si sono sempre aggiunti. Non me ne preoccupo, ognuno ha la sua ricetta, è il bello e anche il buono del porcospino. Una cosa però è importante: che gli aghi, ovvero le mandorle, siano belli fitti...».