Il dado è tratto, svelata la storia dietro alle parole di Cesare

Da sempre gli storici si sono chiesti quale fosse il contenuto del discorso che Giulio Cesare pronunciò a Rimini, di fronte alle sue truppe. Un discorso di cui non ci sono state lasciate tracce. Lo storico veronese Mirko Rizzotto è riuscito nell’impresa di ricostruire le parole perdute di Cesare e le propone nel suo nuovo libro-documento Il perduto discorso di Rimini di Caio Giulio Cesare.

Rizzotto, laureato in Storia romana, insegna Storia e Italiano nell’istituto comprensivo statale della sua città natale. Autore di altre pubblicazioni riguardanti i protagonisti della cultura greca, latina e bizantina, è stato conservatore e successivamente collaboratore alla didattica nel Museo Civico Archeologico di Cologna Veneta. Ha collaborato anche come redattore della rivista bizantinistica Porphyra, diretta da Nicola Bergamo.

L’antefatto

Siamo nel 49 a.C e il comandante ha appena manifestato l’intenzione di varcare il Rubicone, il corso d’acqua che segnava il confine tra la Gallia Cisalpina e Roma. Ai condottieri come Cesare era però proibito condurre truppe in armi oltre il confine, pena l’automatica dichiarazione di ostilità nei confronti dello Stato.

Naturale conseguenza del gesto di Cesare fu quindi lo scoppio della guerra civile contro Pompeo (durerà quattro anni, da quel 10 gennaio del 49 a.C. al 17 marzo del 45 a.C).

Tante sono naturalmente le curiosità e le domande riguardo quelle parole pronunciate da Cesare. Le giriamo all’autore.

Professor Rizzotto, come è riuscito a ricreare un discorso che in realtà è andato perduto? Da dove è partito?

«Le poche informazioni che ho trovato riguardo il discorso provengono da un frammento di Svetonio , per il resto ho lavorato di fantasia. Ho sfruttato le somiglianze tra i vari discorsi a mia disposizione, prendendo spunto dallo stesso Cesare, da Sallustio, Tito Livio e, tra gli autori poco successivi, da Ammiano Marcellino, storico romano di età tardo-imperiale, che in uno dei suoi lavori parlò di Giuliano l’Apostata, che come sappiamo aveva combattuto in Gallia proprio come Cesare, conosceva molto bene i suoi Commentarii e spesso prendeva ispirazione da questi per i suoi discorsi. Ricordiamo che l’arte oratoria era abbastanza codificata al tempo e nei discorsi come quello di Cesare ricorreva spesso il linguaggio da caserma, “sermo castrensis”, utilizzato dai soldati negli accampamenti. Utilizzando parole di questo lessico, quindi, il punto su cui mi sono focalizzato è stato creare qualcosa di verosimile, che si avvicinasse alla realtà il più possibile».

Su quali argomenti si basa il discorso di Cesare?

«Cesare con il suo discorso tocca fondamentalmente tre punti. Parte spiegando i motivi che lo hanno portato a scegliere di oltrepassare il Rubicone , parlando degli aspri dissensi avuti con il senato e di come questo tentasse sempre di ostacolare la sua ascesa politica. Ripercorre poi i successi ottenuti in Gallia, e infine esorta i suoi soldati in un discorso parenetico».

In occasione dello scontro si dice che Cesare tenne due discorsi, il primo a Ravenna, il secondo a Rimini: fu effettivamente così?

«Sì, se a Ravenna Cesare aveva solo comunicato alle truppe la volontà di oltrepassare il Rubicone, a Rimini, in quella che adesso è nota come piazza Tre Martiri , Cesare volle al tempo stesso esortare e rincuorare le sue truppe, in vista di un’impresa così audace. Non era infatti cosa da tutti i giorni quella che Cesare si accingeva a fare ed era necessario avere l’appoggio dell’esercito. In quell’occasione ci teneva inoltre a discostarsi da Silla, assicurando che la sua politica non sarebbe stata caratterizzata dai bagni di sangue cui l’Impero romano era stato abituato con Silla».

Un’ultima curiosità: cosa sappiamo riguardo alla famosa frase «alea iacta est»? Fu veramente pronunciata da Cesare in latino o in greco, come dice Plutarco?

«La mia idea è che abbia pronunciato la frase in entrambe le lingue, volendo rivolgersi efficacemente all’élite degli ufficiali più colti, che conoscevano la frase originale del greco Menandro – “sia gettato il dado” – ma anche ai soldati semplici, che invece amavano giocare a dadi. Con questa frase Cesare insomma volle far capire che si sarebbe giocato il tutto per tutto oltrepassando il Rubicone, e pronunciandola sia in greco sia in latino il suo intento era quello di conquistare gli animi di tutto l’esercito».

«Questo libro» conclude Rizzotto «è per me la naturale prosecuzione di altri lavori che ho dedicato alla figura di Giulio Cesare, in cui, attraverso lo studio delle sue opere minori e frammentarie, avevo già avuto modo di approfondire il suo linguaggio».

Il discorso ricostruito da Rizzotto si presenta dunque come risultato di un lavoro fatto di studio e analisi e, seppur sia prevalentemente frutto di fantasia, si può dire che sia molto attendibile. Una ghiotta curiosità insomma per tutti gli appassionati di storia romana.

Il volume, edito da Libri dell’Arco, è disponibile in libreria e sul sito libridellarco.it, al prezzo di copertina di 5 euro.

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