Il cesenate Nanni: amo la musica che sia a Sanremo o all'osteria

Il cesenate Stefano Nanni (1965), pianista, compositore, arrangiatore, direttore d’orchestra, torna al Festival di Sanremo. Questa sera, serata dedicata alle cover, dirige i superospiti Negramaro in un intenso intervento comprensivo di omaggi a Modugno e Lucio Dalla, oltre a due brani dell’ultimo disco “Contatto” (novembre 2020) di cui Nanni ha curato gli arrangiamenti. Suoi anche gli arrangiamenti dei pezzi cover eseguiti dal duo Fedez-Michielin.

Risale al 2018 il debutto al festival con Giovanni Caccamo e l’ospite Arisa; nel 2020 ha diretto Raphael Gualazzi e il superospite Biagio Antonacci; nel 2019 aveva curato gli arrangiamenti di “Viva l’Italia” di Motta. Cantautore questo con cui ha ottenuto il Premio Tenco 2018 per gli arrangiamenti.

Sono una famiglia di musicisti, i Nanni, cresciuti nella campagna di Gattolino di Cesena. Il padre Vittorio Nanni era un orchestrale di liscio; suonò nell’Orchestra Zampa e rilevò Il Liscio di Romagna. Di cinque figli, tre hanno scelto la musica come professione; oltre al primogenito Stefano, anche Gianluca batterista, ed Elisa violista. Stefano iniziò a 11 anni suonando l’organo in chiesa, a orecchio, e dirigendo il coro parrocchiale, poi vent’anni di studi in conservatorio l’hanno spinto a vivere la professione in contesti di vertice.

Dalla musica classica al jazz, dalla grande orchestra a progetti teatrali, fino al Festival di Sanremo: come definirebbe questo suo percorso?

«Il mondo del pop è uno dei miei mondi e Sanremo è il vertice del pop. Non mi è piovuto dal cielo, è arrivato dopo tanti anni di lavoro con artisti diversi. Mi esprimo di più in altri ambiti musicali, però il pop fatto come a Sanremo, con mezzi e qualità, è sicuramente bello. È un esempio di come si dovrebbero fare le cose».

Cosa intende dire?

«A Sanremo c’è qualità di musicisti e orchestra, c’è organizzazione. Invio il file dei miei arrangiamenti e i copisti fanno il resto, impaginazione ed estrazione delle parti per strumento. Esiste una filiera che salvaguarda le diverse professionalità della musica, proprio come dovrebbe essere, ma come purtroppo non avviene per mancanza di denaro».

Quindi in altri contesti fa il copista dei suoi pezzi?

«Mi accade spesso, un tempo lo facevo a mano, fu un mio insegnante di composizione a consigliarmi a metà degli anni 80 di investire tempo per imparare un programma musicale software, per il futuro. Acquistai il software “Finale”, ancora oggi un riferimento per i musicisti; lo studiai, imparai a usarlo e cominciai a scrivere direttamente su computer».

Cosa può dire degli ospiti Negramaro e del loro “Contatto”?

«Giuliano Sangiorgi è un amico, è anche un grande artista dotato di eccellente musicalità, autore anche per altri. Ama spaziare in contesti diversi, perfino nella musica per balletto (“Tempesta”, coreografia di Giuseppe Spota per Aterballetto, ndr). “Contatto” è l’ultimo di quattro dischi di cui ho curato gli arrangiamenti, è un gran lavoro, tutti i brani sono ispirati, i testi di Giuliano sono belli, rispecchiano il mondo Negramaro, al top del rock italiano melodico addolcito dall’orchestra».

Tra i suoi progetti più riusciti c’è la collaborazione con Vinicio Capossela.

«Vinicio è davvero un grandissimo artista, insieme abbiamo fatto tante cose e fra queste considero “Marinai, profeti e balene” (2011), il mio lavoro più importante con cui ho vinto il Tenco. Da lì ho conosciuto il produttore italo-giapponese Taketo Gohara con cui ho avviato altre collaborazioni compresi gli arrangiamenti del disco “Eterno” di Giovanni Caccamo registrato a Londra. Mi sono così avvicinato agli artisti Sugar di Caterina Caselli».

Nel suo lavoro unisce progetti con artisti importanti e serate più caserecce nella sua Romagna. Come concilia questi due mondi?

«Per me la musica è la vita, tutto ciò faccio nasce dalla musica purché sia “vero”. Le cose vere stanno dappertutto. Vengo dall’orchestra di liscio di mio padre, è lì che ho imparato il mestiere, però ho anche studiato al conservatorio. Non è questione di livello, è qui che ci si sbaglia. Io seguo la musica che è energia, empatia, capacità di creare docce sanificanti per l’anima. Mi capita perciò di andare a suonare con Piero Focaccia in pizzeria e ci divertiamo da matti. E non c’è nulla di diverso rispetto a quanto fatto ad esempio al Bolshoi, l’effetto finale è lo stesso: stai bene con te stesso. Potrebbe sembrare fuorviante, specialmente quando lavori a certi livelli, ma io so benissimo che non è così».

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