Il cesenate Malerba e il gorilla per Armani

È il protagonista dell’ultima sfilata Autunno/Inverno 21-22 di Giorgio Armani. Al centro della scenografia. Nel bianco e nero della passerella il suo colore verde brillante, la sua presenza iconica e il suo potere di evocare la natura incontaminata e primordiale. Il gorilla Uri ormai da tempo è immagine cara al re degli stilisti. Un’opera, declinata in vari colori, che ha già fatto il giro del mondo e che porta la firma dell’artista designer romagnolo Marcantonio Raimondi Malerba.

La riproduzione fedele, la prima creazione, si trova in casa Armani, nello studio creativo, vicino alla scrivania tra piante esotiche, quadri e libri. Altri gorilla in bianco, blu, rosso e color oro abitano nei pop up store sparsi a Shangai, Parigi e nell’Armani Box dell’aeroporto di Hong Kong.

Dal laboratorio a Cesena di Malerba (nato a Massalombarda, 1976) ai riflettori del fashion internazionale. Un viaggio ricco di soddisfazioni, in cui arte, design e moda si intrecciano indissolubilmente.

Malerba, com’è avvenuto l’incontro tra Uri e Giorgio Armani?

«Il primo gorilla lo prese diversi anni fa una galleria di Milano – racconta Malerba – , da lì passò alle nipoti di Armani che vollero regalarglielo facendogli una sorpresa. Poi ne persi le tracce per un po’, finché fui contattato perché lo stilista aveva deciso di riprodurlo per i suoi temporary store. In questi anni ne ho realizzate diverse versioni. Quest’anno mi è stato chiesto un altro gorilla da mettere al centro della sfilata, per sensibilizzare alla salvaguardia dell’ambiente, della natura. Spero che la collaborazione possa proseguire, ci sono tante altre idee in cantiere».

Le creazioni di Malerba hanno un’identità borderline, sono oggetti di design ma con l’anima artistica. Alcune sono più funzionali, altre rappresentano un’idea più concettuale o scultorea. In tutte un tocco di umorismo, fantasia onirica e delicata poesia. Amatissime le animal lamp: scimmie, topini, camaleonti, cagnolini, gazze, giraffe che in modo ironico sono alle prese con delle lampadine, ci giocano, le “rubano”.

Com’è nata questa idea?

«Gli animali nella storia hanno sempre catalizzato l’attenzione degli uomini. La natura ci fa tornare bambini, ci fa immergere in un’atmosfera anche ricca di magia. Ho voluto creare un nuovo linguaggio. La scimmia, ad esempio, è collegata all’idea dell’evoluzione e realizzandola ho pensato anche a Kubrick. I topini invece sono personaggi di tante fiabe. A fine anno usciranno delle sorprese, degli animali nuovi, meno selvaggi e più regali, legati all’immaginario prezioso dell’Inghilterra ottocentesca».

Seletti e Qeeboo, due delle aziende per cui lavora, conosciute a livello internazionale, hanno sede in Lombardia. Ha mai pensato di trasferirsi a Milano?

«Se vivessi a Milano sicuramente potrei avere maggiori occasioni di lavoro, ma ho sempre voluto che fossero le mie creazioni a farsi strada. Qui in Romagna c’è la mia memoria, mi sto costruendo casa a Cesena, mi piace qui. Stare in Romagna e lavorare col mondo è una grande sfida».

Come sta affrontando la crisi dovuta a questo momento storico?

«Per il Salone del Mobile 2020 avevo realizzato un lavoro di grandissime dimensioni, purtroppo è rimasto in un magazzino. Ma a parte questo, il settore del design ha continuato a lavorare. La casa sta diventando un luogo sacro e il mercato del design si è mantenuto. Le vendite on line sono cresciute e ho compratori sparsi anche in America e negli Emirati Arabi. Non si perde quindi la fiducia».

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