Il Cesena, gli esuberi e un modo di fare calcio che deve finire

Archivio

Siamo alla volata finale di un mercato in cui il Cesena si è trascinato a lungo un carrello di giocatori catalogati con l’etichetta “esuberi”. Nel pieno di una situazione antipatica, riassumiamo: 1) nessuno di questi giocatori si è comportato male dentro il gruppo nella scorsa stagione, 2) nessuno di loro un anno fa è entrato in sede imbracciando un mitra al grido di “fatemi un pluriennale”, 3) non siamo di fronte a elettrodomestici che si accendono e si spengono, ma professionisti che hanno giocato più o meno bene. Al netto di tutto questo, ma che razza di programmazione c’è stata l’anno scorso? Come si fa a dire che una serie di giocatori non rientra più nel progetto tecnico, quando il tecnico che li ha scelti è rimasto lo stesso? Un’estate fa, sembrava che senza gli arrivi di Bianchi, Ferrante o Chiarello non si potesse nemmeno iniziare il campionato: un lungo corteggiamento di giocatori importanti per la C richiesti dall’allenatore e catalogati come indispensabili. Ora invece la “buona base da cui ripartire” si è asciugata parecchio, con la ferita dell’inspiegabile cessione di Mercadante e di impuntature come quella su Albertini (come alternativa a destra si è visto ben di peggio).

Giocatori centrali per il progetto che diventano esuberi sono costi in più a carico di una società che sul mercato si presenta col cappello in mano dagli altri club, disposti a prenderli solo se chi vende contribuisce all’ingaggio. Questo sarebbe calcio sostenibile? Anzi, di più: questo sarebbe un calcio vincente a Cesena? Sette anni fa ai tempi del Napoli, Maurizio Sarri concesse un’intervista a Giancarlo Dotto con alcune parole importanti: “In Italia appena qualcosa non funziona si pensa a chi comprare per sistemarla. Io invece provo ad aggiustarla, cercando di lavorare su quello che ho. Il mestiere di allenatore consiste anche in questo”. Higuain era appena andato alla Juve, nacque Mertens prima punta del Napoli.

“Troppo facile cucinare col frigo pieno, devi essere bravo a fare con quello che hai”: questa invece è di un fantastico opinionista di tennis come Paolo Bertolucci. Il Cesena dal ritiro in poi ha provato a ripartire da un concetto di gruppo più difficile da costruire, come è normale quando in sei-sette vanno ad allenarsi tutti i giorni sapendo di non essere più graditi. E' un tipo di calcio dispendioso che non ha più ragione di esistere, figuriamoci in C. Vogliamo illuderci che il calcio del “compro, compro e compro, poi vediamo come va” funziona? Il Lecco ha detto di no e forse quella semifinale play-off era anche un invito alla pazienza e a lavorarci sopra. Un invito che non è stato raccolto e ce lo ricordano gli esuberi. Che cos’è in fondo un esubero nel calcio? Se ci fosse ancora il settimanale Cuore con la sua rubrica “Parla come mangi”, esubero significherebbe banalmente: “Avevo dei soldi e li ho spesi male”.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui