Il Cesena, gli esuberi e la santa pazienza per Berti e gli altri

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L’ineleganza della formula della cessione di Stiven Shpendi all'Empoli ha aperto la settimana culminata con il derby di Bologna. Uno slalom tra i cavilli di un prestito biennale con obbligo di riscatto per riuscire (riuscire?) ad evitare il pagamento del 50% della plusvalenza ai soci precedenti. Poi gli affari sono affari e le fessure della burocrazia sanno offrire i percorsi più vantaggiosi rimanendo nei binari della legge. La caduta di stile, quella resta.
Cosa lascia la gita al Dall’Ara? Tenendo conto che era Coppa Italia, è uscito il migliore verdetto possibile: una bella figura per alimentare l’autostima, una meritata sconfitta per tenere le orecchie basse verso il campionato.
Primissimi segnali di agosto: ci sono due portieri e potremmo quasi fermarci qui. In più c’è una squadra che si vuole bene, al di là dei fermenti societari e delle ferite di una gestione 2022-2023 con un passivo da 6 milioni abbondanti.
Il costo del personale della scorsa stagione si è aggirato sui 6,5 milioni: un traffico bulimico di giocatori che ha fatto sì che sia rimasta una carovana di ex acquisti ora diventati esuberi. Basta e avanza per mettere fretta a un cambio di rotta affinché il Cesena torni a fare il Cesena. Le corse e le idee di Francesconi e Giovannini a Bologna ci ricordano che piuttosto che buttare soldi in giro per la terza opzione di trequartista o per il quinto mediano, meglio affidarsi ai giovani cresciuti in casa che daranno tutto in ogni minuto passato in campo, anche se fossero 5 minuti al mese.
Il Cesena è un tipo di club che deve costruire la squadra, non può comprarla dal primo all’ultimo giocatore, altrimenti il risultato è una innaturale colonia di esuberi (oltre a un rosso acceso nei conti). Rivedere un po’ di logica nel collegamento tra settore giovanile e prima squadra sarebbe un primo segnale di normalità. Ci sono ragazzi di valore che meritano un occhio meno superficiale: basta guardare alle prime faticose apparizioni di Berti per temere che il suo parcheggio in una Primavera altrove abbia avuto poco senso. Ma se per Ferrante la santa pazienza è durata un campionato, a maggior ragione bisogna averla per Berti e per ragazzi che morirebbero in campo per la maglia che sognavano da bambini.

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