Il Cesena di Fermo e quel rigore di Galia su Domini che sembrava netto
- 24 settembre 2023

Freschi di una copiosa vendemmia a Fermo, mercoledì prossimo arriva Cesena-Spal, mentre martedì ricorre il 13° anniversario della scomparsa di Edmeo Lugaresi, a cui è intitolata questa rubrica. In un campionario di aneddoti talmente vasto da giocarsela con Jim Morrison e Diego Armando Maradona, la vicenda umana e sportiva di Lugaresi toccò uno dei punti più alti al Comunale di Torino, seconda giornata di andata del campionato 1988-‘89.
La prima trasferta della squadra di Bigon è la visita alla Juventus: tra il pubblico di casa domina la curiosità per il neo-acquisto Zavarov, mentre il Cesena è romantico già nei numeri di maglia (Agostini col 7, Piraccini col 9). Prima della partita, convenevoli di rito tra le due società, con Lugaresi e Renato Lucchi accolti con grande cortesia nientemeno che da Gianni e Umberto Agnelli insieme a Cesare Romiti. Si sprecano i complimenti al Cesena e Lugaresi ci sguazza felice. Gianni Agnelli in particolare apprezza Sebastiano Rossi: «Avete un bel portiere, ma anche il nostro non è male (Tacconi, ndr)».
Lugaresi: «A un dato momento, Rossi lo vogliono tutti, è uno dei nostri ragazzi del settore giovanile».
Il discorso procede gioviale passando per Domini («a un dato momento è il mio preferito») e Cuttone per i suoi trascorsi nella Torino granata («a un dato momento, il suo gol ci ha riportato in A»). Si salgono le scale fino ai posti in tribuna, poi Lugaresi e Lucchi si siedono nella fila immediatamente superiore a quella della triade Fiat: sorrisi, battute, risate. Il problema è che poi inizia la partita.
La Juve parte forte con un gran gol di Zavarov, ma poco dopo la mezzora una punizione a giro di Domini vale l’1-1 e fa sussultare Edmeo, che a voce si trattiene, ma parte con una serie di gomitate alla figura sul fianco del povero Lucchi, che incassa gemendo in silenzio. Passano altri 5 minuti e su un cross in area, Altobelli va a terra dopo un contatto con Cuttone. Contatto lieve, ma all’arbitro Longhi è sufficiente: rigore. De Agostini spiazza Rossi e spunta del fumo dalle orecchie di uno spettatore in tribuna in impermeabile beige e dall’occhiale che vibra come un sismografo. Però resiste, si contiene. Intervallo.
Ripresa: la Juve cerca il 3-1 e la tribuna protesta per due gol annullati per fuorigioco a De Agostini e Altobelli. Non la triade Fiat, sempre impassibile, sempre con un certo stile. In campo, il Cesena fisicamente ne ha di più e sotto un caldo sole di ottobre viene fuori: gran parate di Tacconi su colpi di testa di Calcaterra e Bordin, quindi a 10’ dalla fine altra paratona su testa di Cuttone, che però di piede raccoglie e segna in tap-in il 2-2. Adesso Renato Lucchi non ha più un fianco sinistro, ma una specie di vecchio sacco da boxe provato da una gragnuola di colpi, mentre il suo vicino di posto è lì che sobbalza come un grillo in tribuna, ma resiste, si trattiene. Stravolto sì, ma con una sua dignità.
Minuti finali. Miracolo di Rossi a volare su Zavarov, poi il Cesena attacca e Galia abbatte Domini in area, con tutta la panchina di Bigon a chiedere il rigore. È troppo: qui l’uomo non ce la fa più. Scatta in piedi e si china a dieci centimetri dalle teste dei due Agnelli e di Romiti appena sotto di lui. Mani messe di taglio ai bordi della bocca per dare più volume e più spessore al suo concetto. Prende il respiro. Renatone Lucchi ha già capito tutto, si alza e prova a trattenerlo. Niente da fare. Tre, due, uno: esplosione.
«Lèdar, a sì di lèdar! Vargugnosi!»
«Edmeo stai buono, stai zitto».
«Ma sta zèt un po’. Va in te casèn neca te, Renato, ma t’è vèst o no?».
«Edmeo, vieni via» (lo tira per un braccio, niente da fare).
«Brot lèdar, vargugnosi! A un dato momento, questo è uno scandalo».
Ecco: la scena dei due Agnelli e di Romiti che fissano impassibili in silenzio questo kamikaze portato via di peso dal suo direttore tecnico non passerà mai alla storia della Juve, ma si consegna alla storia del Cesena. Un kamikaze che parlando nella lingua dei suoi avi, in quel preciso momento aveva deciso che Seba Rossi al massimo sarebbe andato al Milan. (Un grazie alla memoria storica di Ugo Angeli e Sergio Domini)