Il cardinale e il manager della F1, compagni di liceo oggi in cima

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Si sorridono con un misto di complicità e malizia, “sbolognano” l’uno all’altro, o almeno ci provano, l’onere di rompere il ghiaccio o esporsi un po’ di più. Si prendono un po’ in giro a turno, magari sui rispettivi titoli, ma si spalleggiano se il discorso si complica. Come si fa tra compagni di liceo, anche a decenni di distanza. Sempre, capiti quel che capiti poi nella vita di ciascuno. E a questi due “ragazzi del ’65” un po’ di cose in effetti sono successe. Mauro Gambetti e Stefano Domenicali sul palco del Teatro comunale tornano per un soffio due studenti del liceo scientifico Valeriani. Si sono poi laureati il primo in ingegneria meccanica e il secondo in economia, ma nella vita di tutti i giorni oggi sono uno il cardinale vicario della Santa Sede e l’altro il capo della Formula uno. Verrebbe da dire sacro e profano, se non fosse che da queste parti anche quel di cui si occupa il secondo è una sorta di fede. Fatto sta che la Diocesi e il settimanale cattolico Il Nuovo Diario, in collaborazione con il Comune, hanno avuto l’idea di invitarli a un incontro aperto con la città. Ed è stato un successo perché ieri alle 17.30 il teatro si è riempito fino al loggione e chi non è entrato si è connesso su Facebook in diretta fino all’ultimo saluto, intorno alle 20, con tanto di altri compagni e prof, come Giovanni Bellettini e Giambattista Sassi, sul palco con loro. Per certo la rimpatriata di liceali più mediatica della storia della città la quale, con un po’ di campanilismo e ancor più orgoglio, ha applaudito a più riprese i due ospiti a casa loro.

Aneddoti e riflessioni

Certo non sono mancati aneddoti e sorrisi. E da imolesi hanno parlato agli imolesi. Magari, compagni di liceo a parte, non tutti immaginavano che il cardinale ragazzo fosse tra i “campeggiatori” nel fango alla curva Tosa e che una volta ci portò anche un divano per vedere le corse, ma poi al primo giro si addormentava... Mentre invece colui che oggi negli autodromi di tutto il mondo decide, stava ai cancelli a far parcheggiare i motorhome delle squadre e poi raccontava estasiato agli altri quello che aveva visto in quei giorni. Spronati dal direttore del Nuovo Diario Andrea Ferri a riflettere sulle loro origini e a dire se si riconoscessero in quella indomabile voglia di fare che caratterizza le persone di qua, hanno trovato un altro punto in comune. «Ho la fortuna di avere una famiglia che mi ha sempre ricordato da dove vengo e riconosco di avere portato con me la pragmaticità di includere e la volontà costante di risolvere le cose» ammette Stefano Domenicali. «Indubbiamente la volontà di mettere sempre a terra le cose appartiene a chi vive nel nostro territorio, all’Emilia-Romagna in generale – dice il cardinale –. Io mi accorgo spesso di avere un approccio diverso da molti altri nel mio mondo, saranno anche i miei studi, ma dentro sento sempre la spinta a trasformare il mondo, per quanto mi è possibile. Tutti poi siamo qui per questo».

L’oggi e il futuro

Radici comuni, grandi responsabilità per entrambi, stili parimenti sobri ma differenti. Vite ugualmente piene, anche se uno gira instancabilmente il mondo e l’altro più che altro accoglie il mondo che va da lui. Parlantina scioltissima il manager, concentrato il cardinale che non ha timore a dire a tratti che non trova le parole per dire quello che il cuore gli suggerisce. Sulla pandemia: «Abbiamo visto un mondo che davanti allo stesso problema non ha adottato gli stessi comportamenti, non è stato facile – dice Domenicali –. Qualcuno forse può pensare che la F1 sia una cosa inutile, ma è un ecosistema dove lavorano tante persone, si sviluppano innovazioni e tecnologia, anche per l’ambiente e sui nuovi materiali. È uno sport e un business ma anche una dimensione sociale e credo che potrà dare anche una impronta significativa al futuro». Il cardinale riflette sul post pandemia: «Che ha fatto emergere questioni che sono diventate di tutti: il modello capitalistico in crisi, la globalizzazione, una individualità spinta all’estremo. Eppure ciascuno di questi aspetti offre anche un lato positivo da cogliere, se ci si muove verso un modello migliorativo. Per cui quello che ci serve oggi sono, secondo me, fraternità, ossia valorizzare sì le individualità ma facendole diventare patrimonio per tutti, e profondità, ovvero lavorare per andare alle radici della nostra vita». «Ecco, lui era così anche al liceo – stempera Domenicali –, lunghe discussioni sui massimi sistemi, un po’ alla Don Camillo e Peppone... e Peppone era lui».

Per i giovani

Se l’incontro voleva essere occasione per conoscere meglio due persone che “ce l’hanno fatta”, e a sentir loro con sacrifici sì ma senza sofferenze, animati semplicemente dal desiderio, ecco che sono importanti le parole che entrambi rivolgono ai giovani. «Direi loro di andare in profondità e non accontentarsi di quello che viene facile. Vale la pena di essere inquieti e in battaglia, perché la felicità, che sembra essere passata un po’ in ombra come obiettivo, c’è, è a disposizione, ma non a buon mercato. Forse per noi era più facile, noi avevamo pause, silenzi, incontri diretti, ora è tutto veloce, mediato dalla tecnologia, la superficie sembra l’orizzonte. Ma se i giovani oggi scavano e uniscono questo ai grandi mezzi che hanno in mano allora potranno volare molto più lontano di noi», dice il cardinale. «I giovani sono bombardati oggi, ma questo fa capire loro che il terreno su cui giocare è ancora più ampio – dice Domenicali –. Oggi è tutto più complicato, i tempi sono più stretti, la competizione alta e tutti devono vincere, ma vincere vuol dire raggiungere l’obiettivo che ci si era dati e si aveva dentro di noi».

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