"Ho sentito i razzi sopra la testa", in fuga dalla guerra in Ucraina

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Stanche, ma composte. Hanno in Ucraina mariti, sorelle, altri parenti. Loro sono riuscite a fuggire prima dello sfacelo, magari perché già in città al confine. Hanno quindi conosciuto la fatica della fuga, la paura, l’angoscia per chi resta, qualcuna ha sentito fischiare i razzi sopra la propria testa, ma tutte hanno evitato la distruzione e la rovina che si sta scatenando nel loro paese. Non si conoscevano fra di loro, ora camminano strette l’una all’altra, accettano di raccontare qualcosa di sé con un contegno assoluto e anche qualche sorriso. «Ora siamo una famiglia – dice una di loro Natalia –, così come è una famiglia il popolo ucraino». Sono soprattutto donne e bambini le persone in fuga dalle bombe lanciate alle porte dell’Europa, e a Casalfiumanese sono arrivate venerdì sera una coppia e quattro donne con i rispettivi figli, figlie e nipoti.

Le storie

Gioia è la più anziana e l’unica, assieme alla propria figlia, che parla italiano, l’unica che in Italia era già stata. Aveva fatto la maestra d’asilo per vent’anni in Ucraina, poi venne a lavorare in Italia per mandare i soldi a casa e aiutare i figli a studiare. In Italia è tornata ora a 70 anni con la figlia e il nipote. Parla accorata e con amore della propria città, Leopoli: «Una città con tanti monumenti antica, bella, come Roma. Siamo arrivati qua in pullman, ce l’hanno detto con venti minuti di anticipo che c’erano i posti disponibili, e allora abbiamo messo poca roba in una sporta, preso i documenti e siamo partiti. È stato un viaggio bruttissimo e pesante con tante ore di attesa alla frontiera dove eravamo tutte donne o bambini e ragazzi. Gli uomini non erano con noi, sono rimasti là per proteggere l’Ucraina. Io sono arrivata a Bologna dove avevo una brava amica, Paola, è lei che ci ha ospitati due giorni poi ci ha fatto tutti i documenti in questura e ci ha accompagnati qua». Larissa è la figlia di Gioia, ha portato con sé il figlio 15enne che studia informatica al liceo, lei invece è un’ ingegnera in campo ceramico. «Mio marito lavora nelle ferrovie, è dovuto restare in Ucraina», accenna visibilmente preoccupata. «L’altra mia figlia lavora in farmacia e non può lasciare l’Ucraina – racconta ancora Gioia –. Lavora tutto il giorno anche se le medicine mancano sempre di più e a Leopoli stanno arrivando tante persone da Odessa o da Kiev per scappare. Perché Leopoli è ancora abbastanza tranquilla, ma tutti passano di lì e vanno in Ungheria, oppure vengono a Bologna, oppure altre persone che conosco sono andate in Toscana». Natalia è arrivata con i suoi due figli e il figlio di un’ amico che ha portato con sé fino in Italia, mentre l’amico è rimasto in Ucraina. Lei è dottoressa in clinica farmacologica e lavora per una ditta farmaceutica che ora è stata chiusa per la guerra, viene da una città vicina a Kiev, Lutsk, e a 5 chilometri da casa ha un aeroporto, un bersaglio. «Mio marito è un medico ed ora è in guerra, è dovuto restare là per aiutare gli altri – racconta Natalia –. Vi chiedo di aiutarci, se potete mandate soprattutto medicine perché mancano tantissimo». Olga sembra la più provata delle quattro donne, lei arriva da Kiev, è un’insegnante universitaria di diritto internazionale nautico. In Italia è arrivata con il figlio Dennis e, anche lei, ha portato il loro cagnolino. Da Kiev è scappata subito: «Il giorno in cui è cominciato tutto abbiamo sentito i razzi passare sopra la città, erano le 5 del mattino e abbiamo capito cosa sarebbe successo, ormai avevamo capito che sarebbe scoppiata la guerra – racconta –. Alle 7 eravamo già in fila in auto per scappare, la guerra mi fa davvero molta paura». Fra le sedici persone ospitate al Cas di Casalfiumanese c’è anche una coppia con i propri figli, «erano in vacanza in Italia e la madre del marito li ha pregati di non rientrare perché in Ucraina era scoppiata la guerra, così sono rimasti qua», spiegano le operatrici della coop sociale Solco. Nessuna di loro conosceva le altre, adesso, come dice Natalia, sono una famiglia. «Qui a Casalfiumanese sono già tante le famiglie che si sono date disponibili per accogliere o fare qualcosa – racconta la sindaca di Casalfiumanese Beatrice Poli –, ad esempio al Cas sono già arrivati tanti palloni per far giocare i bambini e molti si sono offerti di portarli al parco o hanno mandato materiali. La solidarietà è tanta e ringraziamo tutti. Come istituzioni siamo qui per cercare di fare tutti i passi necessari per dare il servizio migliore e farlo in maniera ordinata ed efficace». Altri profughi sono già arrivati anche a Castel San Pietro. Al momento sono 16 le persone arrivate e che si sono già registrate, altre 12 arriveranno nelle prossime ore (4 mamme e 8 bambini) e un’altra ventina è attesa in questi giorni. Il sindaco Fausto Tinti ha convocato subito venerdì sera nella sala del consiglio comunale il coordinamento del Centro operativo comunale di protezione civile per organizzare le attività di accoglienza dei profughi in fuga dall’Ucraina e per valutare il modo migliore per fornire aiuti e supporto durante la loro presenza nel territorio comunale. Il Coc è ora al lavoro per verificare quali sono le reali necessità delle persone in arrivo. «È importante contattare al più presto il Comune per segnalare l’arrivo dei profughi e compilare il certificato di ospitalità temporanea da inviare alla Prefettura – dice il sindaco stesso –. È davvero commovente amministrare un Comune in cui sono già tanti i cittadini che stanno dando la propria disponibilità ad accogliere i profughi in fuga dall’Ucraina o a donare beni, somme di denaro o altro. Ringrazio tutti per la generosità e, soprattutto, per la collaborazione. Solo con un attento coordinamento degli uffici comunali e del Coc riusciremo ad aiutare al meglio i tanti bambini».

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