"Ho paura, la mia famiglia è là, e i Talebani sono peggio di prima"

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«Sapevo che i talebani volevano uccidermi. Sapevo solo che dovevo scappare, non importava dove, volevo solo scappare dall’Afghanistan, arrivare in Europa». Malyar è un ragazzo afgano di 23 anni, capelli scuri e profondi occhi neri che hanno visto molto più di quelli di un qualunque suo coetaneo nato in Europa, nella parte giusta del mondo. Oggi è a Forlì, inserito e protetto in un programma di accoglienza per i rifugiati. Ha un permesso di soggiorno e un futuro davanti a sé. I suoi desideri si concentrano tutti sull’ottenimento di un lavoro, di uno stipendio che gli possa garantire quell'autonomia necessaria per avere il ricongiungimento familiare e portare in Italia sua madre e i suoi fratelli più piccoli. Dall’ultima volta che li ha sentiti per telefono sono passati quasi 10 mesi: loro vivono a Laghman, «dove i Talebani hanno preso il controllo da tempo». «Forse è per questo che non sono più riuscito a parlare con mia mamma – spiega, calmo, Malyar – perché forse non è potuta scendere dal villaggio in montagna e raggiungere il paese dove ci sono i telefoni».

Forse, perché ora Malyar non ha più alcuna notizia della sua famiglia e dei suoi parenti. E adesso che i Talebani hanno ripreso il controllo dell’Afghanistan dice di non riuscire più a dormire, di essere tormentato dai brutti pensieri, di fare fatica a mangiare. «La verità – racconta, con lucidità e freddezza disarmanti mentre l’interprete, afghano anche lui, annuisce ripetutamente – è che in Afghanistan tutte le volte che esci di casa rischi di non tornarci più».

Malyar, perché ha deciso di lasciare il suo Paese?

«Era il 2015, avevo 16 anni e mezzo. I Talebani, presenti nonostante ci fossero gli americani, avevano ucciso mio padre. Era il responsabile di una fabbrica in cui si producevano materiali elettrici, non si sa per quale motivo l’avessero ucciso, loro uccidono e uccidevano senza una ragione. Io e la mia famiglia siamo andati in caserma a denunciare l’omicidio, i media si sono occupati di questa vicenda, hanno ripreso anche le immagini del funerale, e questo ha fatto molto arrabbiare i Talebani. Dopo la morte di mio padre ero diventato io il capofamiglia, perché avevo solo una sorella più grande e altri tre fratelli più piccoli, e allora seppi che i Talebani ce l’avevano con me, seppi che mi cercavano per uccidermi. Sono scappato per questo, per salvarmi la vita, ma non sapevo neanche dove sarei andato, non avevo idea di cosa avrei trovato».

Qual è la cosa che l’ha sorpresa di più all’arrivo in Europa?

«La tranquillità, la libertà. Non credevo potesse esistere un mondo senza persone che girano armate, capaci di ammazzarti all’improvviso».

Cosa desidera per la sua vita?

«Voglio restare in Italia, ma voglio vivere in una città in cui si parla tedesco. Mi piacerebbe andare a Bolzano a fare il giardiniere: ho già una certificazione».

È più la paura o la speranza?

«La fiducia».

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