Giovane medico: "Turni stressanti e pazienti aggressivi"

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Rabbia, rancore, diffidenza, chiamate all’improvviso per sostituire i colleghi con l’emergenza che ormai è diventata la regola e doppi turni di lavoro. Matteo Cafaggi ha 29 anni, da tre lavora sul territorio come medico di medicina generale, districandosi tra i servizi di guardia medica e le sostituzioni dei colleghi medici di base «che sono sempre di meno». Si è laureato nel 2017 e l’anno scorso si è trovato anche lui travolto dell’invasione del coronavirus. Alle prime armi, ha dovuto fare i conti con le difficoltà legate non solo alla gestione di tamponi e contagi, ma anche con lo scetticismo e la mancanza di tolleranza dei pazienti, «verso la situazione in sé, e verso di me, in quanto giovane medico».

Dottor Cafaggi, cosa comporta il fatto che in questo momento nel territorio del Forlivese, soprattutto nelle zone di provincia, ci sia mancanza di medici di base?

«Da un paio d’anni ormai sono stabile a Premilcuore, dove svolgo il servizio di guardia medica, e oltre a ciò durante il giorno faccio le sostituzioni dei miei colleghi medici di medicina generale. Ma sono talmente tante le richieste che arrivano e non è possibile assolverle tutte. A Santa Sofia, solo per fare un esempio, ci sono pazienti che non hanno più il medico di riferimento perché dopo il pensionamento il suo posto non è stato coperto da nessun altro. E per il periodo estivo le richieste di sostituzione ferie sono talmente tante che è necessario programmare le coperture un anno per l’altro. Noi medici stiamo attraversando un periodo di grande difficoltà e grande stress. È quasi diventata la routine fare la notte in guardia medica, smontare e poi andare direttamente in laboratorio. E purtroppo mi capita di non riuscire a garantire la presenza ».

Qual è stato l’impatto del Covid sul lavoro?

«All’inizio della pandemia un dirigente Ausl ci disse che non dovevamo indossare la mascherina per non far spaventare i pazienti. E bisogna ricordare che oltre a non essere stati ritenuti indispensabili, i dpi all’inizio non c’erano. Ma noi non ci siamo mai tirati indietro, abbiamo fatto tutto quello che c’era da fare. E continuiamo a farlo con le vaccinazioni e con le Usca. E poi la pandemia ha cambiato il modo di approcciarsi al medico. Siccome molti sono esasperati, se la prendono con noi. Non vogliono fare il tampone per evitare la quarantena, non vogliono ascoltare le nostre raccomandazioni. E a volte sono violenti. Non è un caso che, soprattutto tra le dottoresse, ci siano molti medici che non vogliono fare le guardie notturne nei presidi in provincia. Essendo soli, si è più a esposti. In generale, le persone sono molto sospettose e per un giovane medico non è sempre facile essere autorevole senza essere autoritario».

Lei è mai stato aggredito?

«Fisicamente no, anche perché sono alto un metro e novanta e forse questo disincentiva. Ma le minacce sì, mi è capitato di riceverle».



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