Fusignano, testamento conteso: "Mio zio non era autonomo"

Un testamento di cui i parenti del 90enne defunto non sarebbero stati a conoscenza, almeno fino al momento della pubblicazione, quando si è scoperto che gli eredi universali designati erano la badante dell’anziano, oggi 58 anni, e il 52enne compagno di lei. Una questione che, dalla sorpresa iniziale, è passata nelle aule di tribunale di Ravenna, dove si sta celebrando il processo per circonvenzione d’incapace che vede imputata, oltre ai due eredi difesi dai legali Silvia Alvisi e Serena Conficconi, anche la notaia ravennate che il 13 febbraio 2017, dieci mesi e mezzo prima del decesso dell’uomo, aveva sancito la validità dell’atto, tutelata dall’avvocato Ermanno Cicognani. La nipote dello zio defunto, costituitasi parte civile con l’avvocato Stefano Dalla Valle dopo avere sporto denuncia nel marzo del 2019, quantifica in 350mila euro i «danni patrimoniali e morali» che ritiene di avere patito, anche se il valore del testamento si aggirerebbe intorno ai 160mila: ieri la donna ha riferito in aula davanti al giudice Cristiano Coiro, rispondendo a domande che hanno riguardato principalmente lo stato di salute del 90enne e il rapporto di quest’ultimo con la badante, assunta nel 2008 come colf e poi, in seguito a un peggioramento delle condizioni dell’anziano, impiegata h24 al suo fianco. A detta della parte civile, l’uomo avrebbe sofferto di diverse patologie, «problemi di deambulazione, un glaucoma all’occhio, difetti dell’udito, tremore alle mani», per poi presentare, negli ultimi tempi, anche «problemi cognitivi», tanto da faticare a riconoscere il marito e la figlia della nipote, come riportato dai diretti interessati, ascoltati anch’essi in qualità di testimoni.
Quanto alla gestione economica, sarebbe stata la badante stessa a detenere bancomat e delega di cassa per la spesa e le medicine: «Finché lo zio è rimasto in vita non mi sono accorta di nulla di strano - ha detto la nipote - poi, una volta aperto il testamento, ho visto gli estratti conto e ho notato che a ridosso di febbraio 2017 erano stati fatti un po’ troppi prelievi di fila». Prelievi collocabili a ridosso del periodo della redazione dell’atto, tanto che la donna sospetta che tali operazioni siano state finalizzate a «fare cassetta per pagare il notaio». Eppure, stando sempre alla nipote del defunto, di questo testamento la badante avrebbe detto in due occasioni di «non sapere nulla»: «In camera mortuaria e al cimitero, il giorno del funerale», salvo poi raccontare, alcune settimane dopo, di avere accompagnato l’anziano da un notaio a Lugo. Secondo la parte civile, però, non solo l’anziano «non era assolutamente autonomo» e «aveva difficoltà nel fare qualsiasi cosa, anche una telefonata», ma nemmeno avrebbe mai espresso la volontà di designare come eredi la badante e il suo compagno: «Lo zio - ha sottolineato la donna - non ha mai detto di voler lasciare tutto a loro due».