Francesco Ciotti e la Resistenza a Santarcangelo

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I fatti violenti che portarono dalla vittoria socialista alla dittatura fascista, i protagonisti cittadini della lotta antifascista che condussero alla liberazione di Santarcangelo. Ma anche la sorpresa di trovare tra questi protagonisti le famiglie anti fasciste dei grandi poeti santarcangiolesi, allora poco più che ragazzi, che dopo la guerra diedero vita a una delle stagioni più belle e originali della poesia italiana in lingua e in dialetto.

È la trama narrativa e documentale de L’isola dei poeti. Racconti per tutte le età. La Resistenza e i poeti del Circolo del Giudizio (Ponte vecchio), opera del pediatra e scrittore Francesco Ciotti, con bella copertina del pittore Pino Boschetti, che sarà presentata oggi alle 17 alla Biblioteca Baldini.

«I poeti nostri s’adunano per lo più al caffè “Trieste” nella piazza delle Erbe. Oggi seduti in cerchio intorno a un tavolino, ci sono quasi tutti, ciascuno tornato dal suo viaggio nei continenti lontani. Tonino dalla Russia, Rina dalla Francia, Lello dalla Lombardia, Nino dalla Germania, Flavio dalla città del Papa. Solo Gianni è rimasto sempre lì paziente ad aspettare che tornassero tutti all’isola, come se fosse ieri. Poi forse arriveranno anche la Giuliana, che lei lavora da operaia per guadagnarsi il pane, e Federico, che fa ancora scuola al Bornaccino, al confine dell’isola sul Marecchia».

Ciotti, perchè questi racconti frutto dell’incontro «tra una idea letteraria e la testimonianza storica di una comunità»?

«Come diceva Enzo Biagi, che fu partigiano, insieme alla memoria si può perdere la libertà che va ogni volta difesa e riconquistata. Perciò sentivo la necessità di raccontare del ventennio fascista e della Liberazione in una comunità romagnola con un linguaggio semplice ai ragazzi e agli studenti di oggi».

A quali testimonianze storiche ha attinto?

«Non è stato facile trovare testimonianze storiche di quel periodo, finché un giorno ho trovato quasi per caso in casa di un amico della Associazione Nazionale Partigiani un libro dal titolo “La notte delle bandierine rosse”, una cronaca precisa della vita di Santarcangelo dal 1921 al 1945 scritta da Gianni Fucci e da Serino Baldazzi nel 1994. Una scoperta straordinaria che ha ispirato i racconti del mio libro in cui si immagina che in un giorno di primavera del Sessanta i grandi poeti santarcangiolesi del Circolo del Giudizio raccontino a un ragazzo la storia delle loro famiglie in quegli anni».

Come emergono per la loro drammaticità gli episodi relativi alle vicende delle famiglie di Flavio Nicolini e Gianni Fucci?

«Tonino Guerra, nato nel 1920 e il più vecchio dei poeti, narra del suo arresto e della sua prigionia in un campo tedesco ove nacque la sua poesia dialettale. Lello Baldini narra poeticamente della sua infanzia. Nino Pedretti, anche se da sinistra, difende l’attivismo culturale del padre fascista sempre in lotta col rozzo podestà. Giuliana Rocchi, attraverso una sua bellissima poesia, ricorda l’assassinio fascista di Ugo Braschi e Federico Montevecchi. Ma le storie più drammatiche riguardano sicuramente le famiglie antifasciste di Fucci e Nicolini. Gianni Fucci nacque nel 1928 in Francia perché il nonno e il padre anarchici di Pratovecchio vi si rifugiarono per sfuggire alle persecuzioni fasciste e poi, quando nel 1939 fece ritorno a Santarcangelo con la madre, suo padre finì subito al confino. Flavio Nicolini racconta invece del nonno Romeo bastonato in casa dai fascisti e trascinato fuori giù per le scalette e abbandonato mezzo morto nella notte. Morì paralizzato dopo otto anni di agonia».

Qual è la particolarità rappresentata dal ricordo di Achille Franchini.

«Consigliere socialista prima e dopo il fascismo, primario chirurgo dell’ospedale, Franchini fu il padre spirituale dei poeti e ci racconta un altro aspetto orrendo della dittatura fascista: la persecuzione degli ebrei. Insieme all’albergatore Ezio Giorgetti, primo italiano “Giusto fra le Nazioni” a Gerusalemme, in una catena di solidarietà tutta romagnola salvò 38 ebrei jugoslavi da morte sicura con un’ odissea umana che li portò dall’albergo di Bellaria di Giorgetti alle famiglie generose di Pugliano Vecchio, ove giunsero gli inglesi a liberarli».

Perché ha voluto sottolineare, attraverso i dati delle loro biografie, l’importanza di tramandare la memoria di coloro che fecero parte del Circolo del Giudizio?

«Sono stati maestri di poesia e di civiltà, che vanno sempre a braccetto. Figli di una comunità unica ricca di valori e di tradizioni e sono padri di un umanesimo nuovo e universale, che paradossalmente parte dal dialetto di una terra e di una gente, che, come dice Ziga Neumann, salvato da Giorgetti e Franchini: «aiuta, gente che non si è fatta umiliare come bestie da parte di altra gente, rimasta fedele a ciò che noi chiamiamo dignità umana».

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