Francesca Mazzoni presenta la biografia di Gino Maioli

“Gino Maioli. Le Olimpiadi di un romagnolo” (Il Ponte Vecchio), scritto da Francesca Mazzoni, sarà presentato venerdì 10 marzo alle 17 nel salone nobile di palazzo Rasponi dalle Teste, in piazza Kennedy, alla presenza di Gino Maioli, dell’autrice, della campionessa olimpica Josefa Idem ideatrice del progetto, del giornalista Umberto Suprani e dell’assessore allo Sport, Giacomo Costantini.

Nato nel 1939, Gino Maioli inizia la carriera come ciclista, per poi diventare massaggiatore e fisioterapista e collezionare cinque partecipazioni alle Olimpiadi: il racconto della sua vita diventa il punto di partenza per un “manuale sportivo-filosofico”.

Francesca Mazzoni, da dove nasce questo libro?

«L’idea è di Josefa Idem, che ha un rapporto ventennale sia umano che di amicizia con Gino Maioli e pensava che la sua storia, sia umana che sportiva, andasse raccontata. Il libro poi è corredato di una parte importante di interviste e testimonianze, curate dalla giornalista Sofia Ferranti, di colleghi e amici, o colleghi che sono diventati poi amici. E questo secondo me è stato un arricchimento notevole».

Quale è stato il suo contributo?

«Quando me lo hanno chiesto ho pensato: voi siete pazzi, io non riconosco un manubrio da un volante! L’inizio quindi è stato un po’ tragicomico. Poi, secondo me, il mio contributo è stato carino, nel senso che ho curato prettamente la parte narrativa, quindi in prima persona ho raccontato la vita di Gino. C’è tutto il racconto dalla sua infanzia, dalla prima bicicletta prestata dalla zia in campagna, poi la carriera da ciclista, il passaggio al corso per diventare massaggiatore, le Olimpiadi. È una cosa interessante perché potrebbe piacere anche ai non sportivi, perché alla fine la vicenda sportiva, col fatto che la scrivevo io, che non sono una sportiva, secondo me ha un po’ travalicato i confini dello sport ed è diventata una vicenda umana. Io ho sottolineato i concetti che possono restare di quella che è una vicenda individuale: dall’individuale siamo passati a concetti universali, perché comunque è un personaggio che merita di essere letto anche dai giovani, da chi si affaccia a qualsiasi tipo di mondo sportivo, a qualsiasi disciplina. Nel libro viene sottolineata tantissimo l’importanza di cogliere le occasioni, ma di essere anche elastici, di avere un piano B».

Chi è Gino Maioli?

«Gino è una figura olistica ante litteram: lui non fa il massaggiatore, lui lo è. Oltre a concentrarsi su quello che è il dolore fisico, fa un lavoro di supporto mentale. Lo dice varie volte: per fare un lavoro come il suo, in cui tratta i corpi, c’è bisogno di comprendere i meccanismi del comportamento umano. Lavora ancora, ha uno studio suo. Non ha mezzi tecnologici: il marketing per lui è il passaparola».

Lei scrive che la storia di Gino Maioli racchiude in sé la «romagnolitudine»: cosa intende?

«Gino viene da una famiglia di contadini, di persone che hanno lavorato la terra, e questa cosa non se la dimentica mai: in tutta la sua vicenda c’è questo mantra che ritorna come un ritornello, che è appunto “male che vada farò il contadino”. Una cultura molto pratica, molto concreta della terra, che un po’ io riconosco e riconduco ai miei nonni. E il fatto di avere dei sogni, perché lui rilancia sempre: insomma, per arrivare alle Olimpiadi ce ne vuole! Però lui ha dei sogni raggiungibili, c’è un pragmatismo di base che secondo me è tanto, tanto romagnolo. C’è anche il gusto della risata, della convivialità. Io concludo il mio intervento creando una scena in cui c’è un fulèr, un cantastorie romagnolo, perché mi sono sentita questo: un cantastorie. E io alle spalle ho i miei nonni, mia nonna che “raccontava i fatti”, quindi il gusto dell’ascolto e del riportare parole, in maniera fedele si spera ma non meccanica: ho cercato di dare un contributo artistico pur mantenendomi fedele a quello che era il contenuto».

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