Forlì. Sparò al "rivale" dalla finestra, condannato a 5 anni

Cinque anni di condanna per aver sparato con una carabina ad aria compressa potenziata all’ex della sua compagna, diventata ex anche per lui, che temeva volesse entrare in casa. Oltre al risarcimento del danno, da quantificare in un procedimento civile, ma con una provvisionale di 50mila euro. Questa la sentenza a carico di Giuseppe Angino, 38 anni, emessa dal Tribunale di Forlì. La corte composta dai giudici Monica Galassi, Elisabetta Giorgi e Anna Fiocchi lo ha riconosciuto colpevole di tre dei quattro capi di imputazione. Quello più pesante, il tentato omicidio, è stato riqualificato in lesioni gravi, mentre la pena di 5 anni e 10 giorni è la somma dei reati anche della modifica dell’arma per aumentarne la sua pericolosità, e per il porto di strumento atto ad offendere, essendogli stato trovato anche un machete. Assoluzione, invece, per l’accusa di ricettazione. Scagionato il “rivale”, Pietro Paternoster, il ferito, che doveva rispondere di minacce e anche lui di aver portato un bastone fuori dalla sua abitazione. Nell’ultima udienza Angino, difeso dall’avvocato Luca Sebastiani, aveva fornito la sua versione dei fatti, ribadendo di non sapere chi potesse aver modificato l’arma e che la sua intenzione non era quella di uccidere Paternoster, difeso dall’avvocato Alessandro Pinzari di Forlì, dicendosi dispiaciuto di quanto era accaduto.

L’episodio

I fatti risalgono alla notte del 26 maggio 2019. Intorno alle 2.30 Paternoster si era presentato sotto casa della ex fidanzata, minacciando e facendo rumore, ma all’interno della casa c’era l’altro ex compagno della donna, ospite in quel momento, che si era affacciato dalla finestra e gli aveva sparato tre volte con una carabina ad aria compressa, raggiungendolo al fianco, alla spalla e al petto. L’arma era stata modificata - secondo i Carabinieri del Ris di Parma - per avere un maggiore effetto. Angino si era difeso dicendo che temeva per l’incolumità del figlio che credeva fosse in casa, senza sapere che invece era da un amico. L’accusa originaria era di tentato omicidio, poi riqualificata in lesioni gravi. Paternoster venne raggiunto da tre pallini, e rischiò per diversi giorni la morte prima di riprendersi. Nel conteggio totale della condanna, proprio l’accusa di lesioni gravi ha fatto alzare la pena (4 anni e tre mesi), mentre la trasformazione dell’arma ha comportato una condanna di 5 mesi e 10 giorni e altri 4 mesi per il possesso del machete. Assolto invece Paternoster. Ora la vicenda si sposta in sede civile per quantificare il risarcimento del danno dopo la provvisionale da 50mila euro.

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