Forlì. Sabbatani costretta a spostarsi: 6 milioni di danni

Dei 10 capannoni che componevano lo stabilimento in cui erano presenti 130mila animali, tra pulcini e galline ovaiole, 3 sono stati spazzati via dalla furia del fiume Rabbi e quelli che non sono stati seriamente danneggiati non sono più utilizzabili. La prima stima dei danni dell’azienda agricola Sabbatani, a San Lorenzo in Noceto, ammonta a circa 6 milioni di euro. «Lo stabilimento – spiega Alice Sabbatani – era composto da 10 capannoni. Di questi, 3 sono stati portati via dalla fiumana e altrettanti sono stati seriamente danneggiati. Quelli che sono rimasti in piedi non sono più utilizzabili anche perché il fiume ha cambiato il suo corso e non sono più raggiungibili». La notte del 16 maggio scorso, infatti, la Chiusa di Calanco non è riuscita a trattenere l’imponenza delle acque che sono esondate distruggendo l’argine e costruendosi un nuovo percorso. La furia dell’acqua ha ucciso poco più della metà dei 130mila animali presenti. Un’ecatombe. Sin dalle prime ore dopo l’alluvione si è lavorato per salvare gli animali superstiti ed i dipendenti vengono subito dislocati nelle altre realtà aziendali. La ditta, infatti, conta 31 allevamenti di proprietà dislocati in 6 centri oltre al centro selezione ed imballaggio ed il mangimificio. «Oltre ai danni economici – continua Sabbatani – ci sono quelli legati all’interruzione di un ciclo che si interrompe, è un danno enorme. Quando vengono a meno gli animali, devi andarli a recuperare e non è una cosa così semplice». Ora l’azienda, nata nel 1948 e partita nei campi con la coltivazione dei cereali nei terreni di famiglia, si sta guardando attorno per rimanere nel territorio e aprire una nuova realtà. «Il nostro punto forte – continua – è avere la filiera nel raggio di 1 chilometro per seguire da vicino ogni fase della produzione, dalla terra all’uovo. Speriamo di riuscire a trovare un’altra ubicazione». Una scelta imprenditoriale che è sostenuta anche dalla pubblica amministrazione. «Purtroppo l’azienda è stata spazzata via dall’esondazione del fiume perché si trovava dove il fiume fa una sorta di curva a gomito - spiega il vicesindaco, Daniele Mezzacapo -. Ci siamo interfacciati con i titolari perché la volontà è quella di ricostruire non più in quella zona perché si è dimostrata fragile dal punto di vista ambientale ma di spostarsi di circa 1 km nell’entroterra, allontanandosi così dal corso del fiume e dall’abitato ma rimanendo sempre a San Lorenzo. Vogliono ripartire il prima possibile ovviamente noi, come Comune, abbiamo cercato di fare in modo di metterli nelle condizioni di poterlo fare».