Forlì, Canale emiliano romagnolo: si valuta di creare più punti di scarico
Dopo che, seppur per pochi giorni, il flusso delle acque del canale emiliano romagnolo (Cer) sono state invertite trasformandolo di fatto in una via di drenaggio dell’acqua dopo l’alluvione, ora si guarda al futuro e pensando al potenziamento della sicurezza del territorio, sempre più minacciato dagli imprevedibili effetti dei cambiamenti climatici, si vaglia l’ipotesi di realizzare dei punti di scarico delle acque per avere un’arma in più contro le tracimazioni. «La possibilità – spiega Nicola Dalmonte, presidente del Consorzio canale emiliano romagnolo – è quella di ragionare sul canale per avere, lungo l’asta, delle possibilità di scaricare l’acqua. Il Cer, infatti, può essere sezionato attraverso paratie che bloccano il deflusso dell’acqua ma questa rimane al suo interno senza la possibilità di essere scaricata». Il Cer, vale la pena ricordarlo, è un canale che distribuisce acqua irrigua quindi ha soprattutto un utilizzo nel settore agricolo. «Oltre a ciò – sottolinea Dalmonte - ha un’importante funzione per quanto riguarda la distribuzione di acqua per uso potabile e industriale soprattutto per il territorio di Ravenna. È un canale pensato, costruito e progettato come canale di distribuzione e non come canale di scolo, funzione principale che hanno invece i consorzi di bonifica». Ma cos’è successo durante l’alluvione del maggio scorso? «Il Cer – spiega - sottopassa tutti i fiumi che attraversa. Abbiamo registrato una prima problematica di esondazione del fiume e dunque di immissione di acqua nel canale, il 2-3 maggio quando c’è stata la rottura del Sillaro. Dal 4 maggio, tutta l’attività del Cer si è bloccata poiché, avendo acqua sporca dal fiume, dovevamo prima verificarla e garantirla così come prevede la normativa». Gli eventi alluvionali del 16-17 maggio hanno riversato sul territorio un’enorme quantità d’acqua dalla collina a valle. «Già una parte di fiumi bolognesi hanno esondato in molte zone, fino al fiume Lamone, e tale esondazione ha coinvolto anche il Cer. Quindi, per un lungo tratto, purtroppo quest’acqua è andata a finire all’interno del Cer». L’acqua entrava in questa importante arteria ma non c’era la possibilità di farla uscire. «Il canale ha una piccola possibilità di scarico solo sul fiume Savio. Sul restante asse, non c’è modo di scaricare le acque perché la sua distribuzione avviene attraverso quella che è la rete infrastrutturale grazie ai consorzi di bonifica. Si tratta per la gran parte di condotte in pressione che hanno la necessità di avere acqua pulita».