Fiumi e laghi vicini alle città si ritirano più rapidamente

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Sull’Apollo 13 l’astronauta Jack Swigert disse la famosa frase «Ok, Huston, abbiamo un problema qui», per l’esplosione del serbatoio di ossigeno nel modulo di servizio. Ebbene, un problema (a dir il vero, più d’uno, in una logica tutta ambientalista), lo abbiamo con le acque dei fiumi e dei laghi. Uno studio dell’Università di Bologna, pubblicato sulla rivista scientifica Agu Advances, ha dimostrato che la riduzione delle risorse idriche superficiali si fa più rapida e marcata vicino ai centri urbani e diminuisce a mano a mano che ci si allontana dalle città. Il lavoro è stato condotto grazie a un’analisi di più di 30 anni di immagini satellitari degli Stati Uniti. Ed è stata l’occasione di realizzare un modello che può riprodurre la distribuzione del declino delle acque nelle aree a maggiore impatto antropico.

«Entro il 2050 circa il 70% della popolazione mondiale sarà concentrato nelle città: un fenomeno che avrà grossi impatti sulla quantità e qualità delle acque di superficie, e in particolare dei fiumi, attorno ai centri abitati – dice Irene Palazzoli, dottoranda al Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica, Ambientale e dei Materiali dell’Università di Bologna, prima autrice dello studio - Per questo, i risultati del nostro lavoro possono rivelarsi fondamentali per definire strategie di gestione delle acque che permettano di mitigare gli impatti dell’urbanizzazione sull’ecosistema». Quali sono le conseguenze più dirette dell’urbanizzazione? Secondo i ricercatori si tratta dell’estrazione diretta dai fiumi e dalle sorgenti, dello sfruttamento delle acque sotterranee con aumento del pericolo di infiltrazioni, del drenaggio dei terreni per favorire lo sviluppo dell’agricoltura, dell’aumento dell’evaporazione a causa del microclima più caldo all'interno delle aree urbane.

«L’impatto dell’urbanizzazione sull’ambiente è un tema oggi ben noto, ma le conseguenze dello sviluppo urbano sulle risorse idriche e in particolare il rapporto tra aree urbane e perdita delle acque di superficie sono argomenti molto meno sviluppati – prosegue Palazzoli - I dati che abbiamo elaborato ci hanno permesso di sviluppare un modello matematico di decadimento esponenziale grazie al quale è possibile valutare proprio questo: l’influenza delle aree urbane sulla distribuzione spaziale della perdita delle acque di superficie». Le ricerche sono frutto delle immagini satellitari dal 1984 al 2018. Il modello che hanno elaborato mostra come lo stress sulle risorse idriche superficiali aumenta esponenzialmente quando ci si avvicina ad un centro urbano. E il fenomeno è influenzato anche dal clima: nelle zone più temperate la diminuzione delle risorse idriche di superficie è concentrata attorno alle città, mentre nelle regioni con climi più aridi l’impatto dell’urbanizzazione sulle acque coinvolge aree significativamente più ampie. Ma per quale ragione è così importante capirlo?

«Indagare le dinamiche dell’interazione tra urbanizzazione e acque superficiali è fondamentale per arrivare ad un equilibrio tra lo sviluppo urbano e politiche di gestione delle risorse idriche che garantiscano la conservazione delle acque e la protezione degli ecosistemi - conclude la studiosa - Il modello che abbiamo sviluppato permette di ottenere informazioni utili in questo senso, anche perché può essere applicato in altri studi di questo genere e su altre aree geografiche in tutto il mondo».

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