Federico Poggipollini: "Ecco il mio Varietà"

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È uscito pochi giorni fa “Varietà”, brano e video del chitarrista e cantautore bolognese Federico Poggipollini, cover del brano di Gianni Morandi, che partecipa con un cameo.

«È una canzone che ho amato fin dalla prima volta che l’ho ascoltata – dice Poggipollini – nel 1990 nei camerini di uno studio televisivo dove ero per un’esibizione di Gianni Morandi, della cui band facevo parte. Lui in quell’occasione cantava “Bella signora”, ma in camerino venne Mario Lavezzi, che propose a Morandi “Varietà”, facendogliela ascoltare con la chitarra acustica. Quando ho deciso di fare un album di cover, ho pensato che quella canzone doveva esserci assolutamente. L’ho lavorata molto, provandone molte versioni e arrangiamenti diversi. Già la versione originale aveva una bellissima energia, quindi volevo aggiungere qualcosa, e ho tolto alcuni pezzi di testo per fare posto a riff di chitarra molto rock, in linea col mio stile. Pochi giorni fa mi ha fatto i complimenti Lavezzi, e per me è stata una grande soddisfazione».

Lei ha dichiarato che il suo intervento su questo pezzo si basa in particolare sul verso «vorrei che tu mi somigliassi un po’» e, in effetti, anche nel video lei gioca a somigliare a personaggi famosi, travestendosi e guardandosi allo specchio di un camerino teatrale.

«L’idea del camerino e dello specchio è di Francis TheBlueRoom e Roberto Covi, autori del video, in cui alla fine appare anche Morandi in un cameo. I travestimenti invece li ho decisi io, per omaggiare Charlie Chaplin, di cui amavo vestire i panni da bambino a carnevale, John Lennon e Jimi Hendrix, che sono riferimenti della mia carriera, e Keith Richards, che rappresenta il rock’n’roll».

Facciamo una fuga in avanti fino all’album “Canzoni rubate”, che uscirà in marzo.

«Conterrà un inedito e nove cover, tra cui “Varietà” e i quattro singoli già pubblicati; oltre a Morandi, duetto con Finardi, Cimini e altri. I brani sono intervallati da sette tracce strumentali che ho scritto e registrato durante il lockdown di un anno fa, che danno al disco un’atmosfera un po’ cupa. È un disco su cui ho lavorato tantissimo, modificando più volte le tracce, e che mi ha richiesto grande impegno perché ho suonato io tutti gli strumenti, senza supporti digitali o sovraincisioni. È un disco molto suonato».

È una scelta un po’ strana quella di pubblicare cinque singoli, cioè la metà del disco, prima dell’uscita.

«Ci sono diversi motivi: il primo è che sono cover, quindi non c’è grande sorpresa. Il secondo è che, essendo brani di altri, non incasso diritti d’autore, quindi tanto vale che le canzoni circolino. Il terzo è che, essendo io un musicista da palco, tutti i miei dischi sono pensati per i live, e soprattutto venduti ai concerti; in questo momento ciò non è possibile, quindi ho pensato di rilasciare il materiale man mano che era pronto».

Lei è conosciuto soprattutto come “il chitarrista di…” (Ligabue principalmente, ma anche Litfiba e altri): non le manca un po’ essere riconosciuto come solista e bandleader?

«Io mi sento un chitarrista che suona per altri, e mi esalto quando sono in una band con altri musicisti. Rifuggo perfino un po’ le responsabilità che derivano dall’essere in prima linea. Caratterialmente sono uno che cerca sempre nuovi stimoli e nuove cose, e lavorare con tante persone diverse in questo senso aiuta tanto. Ciònonostante ho inciso più di settanta brani come solista».

C’è qualcuno con cui non ha suonato in Italia?

«Non credo (ride, ndr), ho suonato perfino con Achille Lauro, che è artisticamente lontano da me, ma con cui mi sono divertito un sacco. Dal 2005 faccio parte della Superband, in cui all’inizio ero con Morgan, Max Gazzè e Sergio Carnevale dei Bluvertigo, poi sono passati tanti altri, come Saturnino e Andrea dei Negramaro. Con loro abbiamo fatto “Maledetti amici miei” su Raidue, e lì abbiamo incontrato Capossela, Paoli, Silvestri e altri».

Uscendo dall’Italia, invece, con chi le piacerebbe suonare?

«Musicalmente sono nato con i Clash, che nella loro purtroppo breve carriera hanno suonato di tutto. Qualche anno fa Phil Manzanera venne in camerino durante un tour con Ligabue e disse che stava organizzando per la “Notte della taranta” un’esibizione di una band con Tony Allen, batterista di Fela Kuti, e Paul Simonon, bassista dei Clash e mio idolo da ragazzino, avendo io cominciato col basso, prima di passare alla chitarra. Dopo pochi mesi ha richiamato Ligabue per invitarlo, da solo, sul palco del festival, e io gli ho detto: “Luciano, non ti ho mai chiesto niente, ma stavolta devi portarmi”. Ho suonato sei pezzi con Paul Simonon e sono stato tre giorni e mezzo con lui, quindi il mio sogno di suonare con qualche artista internazionale l’ho già realizzato».

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