Faenza, vandalizzata la statua di "Giacomino"

Non esiste un buon rapporto tra i vandali e “Giacomino”, la scultura lignea di Giorgio Palli posta sulla pista ciclabile per Errano. Ancora una volta è stata presa di mira da ignoti che l’hanno deturpata forse nel tentativo, andato a vuoto, di asportarla o eliminarla.
Per i faentini la statua è un simbolo portafortuna: tutti coloro che passano al suo fianco gli danno una pacca sulla spalla che sarebbe di buon auspicio.
Forse proprio l’ignoranza di qualcuno che ha ritenuto di non essere stato abbastanza protetto da Giacomino, vista l’alluvione, ne ha determinato l’atto vandalico nei giorni di piena emergenza per la città.
Certo è che in circa 15 anni di vita la scultura ne ha passate parecchie di peripezie.
Nel 2019 tentarono di asportarla e rimase pesantemente danneggiata, ma ancora prima la statua fu rapita e trattenuta per circa un anno , poi miracolosamente riapparve un mattina al suo posto di sempre.
«La vicenda di Giacomino è ormai diventata una favola – spiega lo scultore Palli –. All’interno avevamo messo un’anima fatta di tondini di ferro affondati in una base di cemento, perciò non sono riusciti a portarla via ma solo a romperla dalla vita in giù. Ora è quasi pronto il restauro, un’operazione che ha visto la ricostruzione di Giacomino con un inserto in legno di castagno. Mi stanno aiutando Salvatore Pignato, Rino Mini e soprattutto Carlo Cheli, che abita alla Cartiera dove è allestito il laboratorio di restauro. Tra una ventina di giorni sarà ricollocato».
a favola di Giacomino è ormai entrata nell’immaginario popolare. I genitori la raccontano ai figli ed è una storia vera che inizia pressappoco così: «C’era una volta un albero, tanto bello e frondoso che fu deciso di non abbatterlo, anche se aveva deciso di mettere le radici proprio dove doveva sorgere la pista ciclabile. Le biciclette lo incontravano sul percorso ed evitarlo era diventato un gioco assai divertente. Qualcuno vi si appoggiava, tirava fuori la borraccia e si dissetava. Ma non tutti la pensavano così: in una gelida notte d’inverno la motosega di un farabutto infelice, tagliò la pianta, lasciando un moncone alto circa un metro. Il brutto gesto fu però trasformato in una bella sorpresa per gli abitanti del paese. Fu chiamato uno scultore che da quel moncone fece nascere Giacomino: un bimbo dallo sguardo furbetto e dall’espressione pensierosa, coi pantaloni larghi tenuti su da una cinghia a tracolla: un ragazzino che guarda ad un futuro migliore. Fu chiamato Giacomino perché trovandosi su una via, si pensò al Cammino di Santiago».