Fabio Bruschi: "Donne in dialetto, una novità non solo letteraria!"

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Ritorna Lingue di confine, il ciclo di incontri, a ingresso libero, dedicati al dialetto nell’arte contemporanea, a cura di Fabio Bruschi, organizzatore culturale di lungo corso che ha ideato la rassegna nel 2010. Promossa sempre dai musei comunali di Rimini, l’edizione 2022 s’intitola Donne in dialetto. Lingua madre e poete di Romagna. Quattro appuntamenti, il 17 e 24 novembre, l’1 e 15 dicembre, ore 17, Sala del Giudizio del Museo della Città. Protagonista la poesia dialettale al femminile con artefici contemporanee quali Agnese Fabbri (15 dicembre), Lidiana Fabbri e Marcella Gasperoni (1 dicembre) Germana Borgini e Annalisa Teodorani (il 17 novembre), Laura Turci (15 dicembre). A dialogare con loro Giuseppe Bellosi, Francesco Gabellini, Gualtiero Gori. Un appuntamento (24 novembre) è dedicato all’autrice santarcangiolese Giuliana Rocchi scomparsa nel 1996.

Bruschi, l’edizione 2022 ha un focus ben definito: la produzione poetica femminile in dialetto del territorio riminese e non solo. Perché questa scelta? Cosa l’ha spinta in questa direzione?

«Da tempo le poete di Romagna si sono fatte sotto. Mi è facile citare Annalisa Teodorani , diventata un punto di riferimento e un classico contemporaneo. Nella generazione precedente, quella di Baldini, Guerra, Pedretti, Fucci, l’unica era Giuliana Rocchi, una donna del popolo di straordinario temperamento. Oggi il nostro panorama è molto diverso, ricco di voci di poete che pubblicano e vincono premi, non solo in Romagna. Ho voluto quindi sottolineare una novità che non è solo letteraria ma civile. E parlo di poete per allontanarle dalle “esse” delle professoresse!».

Tante sono le donne che scrivono nella lingua madre in tutta la Romagna, come legge questo?

«Se chiamiamo il dialetto lingua madre un motivo ci sarà: queste donne scrivono in quella che è stata fino a ieri la nostra lingua perché desiderano riascoltare la musica, il ritmo, la fisicità di quelle parole, il loro incomparabile potere evocativo. Ma sempre al presente, senza nostalgie sentimentali».

Come è strutturata la programmazione? Sono quattro appuntamenti ognuno con formule diversificate tra conversazioni, reading, dialoghi?

«Le poete sono diverse e così le loro presentazioni in rassegna. Per esempio si dice giustamente che il dialetto non è fatto solo di parole ma di gesti, atteggiamenti, modi. Il primo appuntamento, “Santarcangelo oggi”, quello con le santarcangiolesi Germana Borgini , recente vincitrice del Premio Villa, e Annalisa Teodorani, non ha la forma un po’ asciutta del reading, vuole essere un incontro in pubblico tra due persone familiari, che si conoscono da tempo, si vogliono bene e si scambiano poesie, pareri e chiacchiere sul loro microcosmo».

Le anime poetiche delle autrici romagnole invitate sono differenti non solo perché appartengono a generazioni diverse e ciascuna col proprio background, ma lo sono anche per la loro provenienza geografica. Per questo ha deciso di mettere a confronto ad esempio la poesia di terra e di mare o approfondire l’esperienza santarcangiolese di ieri e di oggi?

«Il dialetto nasce dai luoghi e dà un nome alle cose. Nell’incontro con Lidiana Fabbri , che viene dalle colline della Cerasolo della sua infanzia, e con Marcella Gasperoni, che viene da famiglia di pescatori di Bellaria-Igea Marina, vedremo paesaggi che hanno odori, sapori, arie, venti diversi. Francesco Gabellini, tornato da poco alla natia Riccione dalle colline corianesi, ne parlerà con Lidiana, mentre Gualtiero Gori, a lungo studioso di tradizioni marinare, ne parlerà con Marcella».

A unificare la produzione letteraria delle protagoniste è la lingua madre, il dialetto che, pur essendo tutte bilingue, hanno comunque scelto per la loro scrittura. Cosa sta cambiando nei confronti del dialetto, prima solo orale e ora scritto da una élite così come è una élite a leggerlo?

«Confesso che in me agisce anche il desiderio di fare cose prima che sia troppo tardi, un sentimento personale forse simile a quello che ha spinto Raffaello Baldini a scrivere in dialetto a cinquant’anni suonati, dopo una vita passata a scrivere un italiano professionale. Il dialetto non chiede permesso e si trasforma, lascia alcune tradizionali postazioni e ne occupa altre. Non è più, fatte le debite eccezioni, la lingua della comunicazione quotidiana, anche se ho sentito fitte conversazioni in dialetto nelle mercerie di Santarcangelo tra signore in età. Il suo uso, nella pagina o in scena, non è uno snobismo ma un’esigenza espressiva, personale, profonda».

Lei si batte affinché il dialetto non vada perduto o almeno si possa continuare a comprenderlo, è questa la spinta che soggiace al progetto da lei ideato? Ed è la ragione per cui i 4 incontri sono gratuiti e sono rivolti oltre che a studiosi e appassionati anche agli insegnanti delle scuole superiori?

«Pare che Tonino Guerra abbia detto che il dialetto andrebbe studiato come se fosse turco, cioè come una lingua a sé, una lingua romanza che non è una deformazione dell’italiano, ma una lingua con tanto di grammatica e sintassi. Credo che, particolarmente in una zona fortunata come la nostra, sia uno spreco di bellezza e di cultura non studiare il dialetto nelle scuole più portate alla frequentazione linguistica e letteraria, non per salvarlo ma per goderne. Che bello se al Classico, oltre alla poesia italiana, greca e latina si leggessero le poesie di Baldini, Guerra e Teodorani. Magari con Annalisa lì, a dire la sua. Certo, non sono cose che si improvvisano: una convinta partecipazione degli insegnanti è essenziale. Anche per questo il Museo della Città ha coinvolto gli insegnanti in questa attività formativa».

Info: 0541 793851

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