Erri De Luca a Cesenatico con "Le regole dello Shangai"

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È un fuori programma che riporta in Romagna Erri De Luca (1950) da Napoli, l’incontro che riaccende il teatro Comunale di Cesenatico stasera alle 21. Scrittore da trenta anni sulla breccia come narratore, autore di versi (nota la sua “Considero valore”), traduttore biblico dall’ebraico, De Luca ha alle spalle una vita intensa, con un passato da militante nell’estrema sinistra di Lotta Continua, decine di libri e racconti, collaborazioni giornalistiche; e adesso il romanzo “Le regole dello shangai” (Feltrinelli 2023) che stasera presenta immergendo dentro una storia a due coinvolgente, che si legge d’un fiato, con un finale a sorpresa.

L’invito è del gruppo di lettura Legger-mente e di Formula Servizi che collabora al Patto per la lettura della biblioteca cittadina.

La storia di De Luca è incentrata su un dialogo fra un anziano orologiaio che si sposta con la sua tenda e una gitana quindicenne che raggiunge la tenda in fuga dalla famiglia. Da lì si sviluppa una vicenda evocativa di una storia più grande dove, chi legge, può scoprire qualcosa di sé e il gioco dello Shangai come metafora della vita.

“Le regole dello Shangai” risulta coinvolgente, intrigante, commovente: lo sente tale?

«Non so giudicare le storie che scrivo, resto principiante davanti a una nuova. Mi dichiaro incapace di esperienza, di poterla stivare da qualche parte, di poterne attingere. Forse per questo continuo a scrivere. D’agosto mi apparto in montagna, Dolomiti, ma proprio all’inizio del mese è morto un mio caro compagno di scalate. Questo mi ha conficcato più forte nei luoghi, sulle pareti salite insieme».

Come è nata questa storia a due personaggi?

«Ho iniziato a scrivere un dialogo, una forma di narrazione che fa raccontare la storia direttamente ai personaggi. Mi sono messo in ascolto di un incontro tra due generazioni distanti tra loro. Credo a una nuova alleanza tra giovanissimi e anziani, diversamente implicati nell’immaginare il futuro. Gli adulti ne sono incapaci, ingolfati nel presente e perciò senza visione di progetto. Tra l’anziano campeggiatore solitario e la giovane gitana in fuga, si costituisce un’intesa che non ha a che vedere con amicizia o amore. Sorge un’alleanza».

Lo sente personaggio a lei vicino il campeggiatore solitario, le permette di esprimere un pensiero sulla vita e sul mondo con la finzione del romanzo e dunque da scrittore, non da opinionista né da influencer?

«Con l’orologiaio ho in comune l’età anziana e le scoperte che contiene. In un passaggio risponde che le persone gli si rivolgono usando la parola “ancora”. Ancora lavori? Ancora vai in montagna? Qui finisce la mia coincidenza con il personaggio. Non mi considero opinionista, le mie opinioni e convinzioni le lascio fuori dalle storie, le esprimo altrove come cittadino. La mia capacità invece di influenzare qualcuno la considero pari a zero e di questo mi congratulo con me».

E poi c’è lo “Shangai”, un pretesto attraente per la storia o qualcosa di speciale nella sua vita?

«Shangai è un gioco che avevo dimenticato e che non sapevo giocare per goffaggine. Mi è venuto in mente a proposito dell’abilità manuale dell’orologiaio, che se lo porta dietro per la vita giocandoci da solo. Diventa anche una sua linea di condotta, applicando a sé stesso alcune regole del gioco, per esempio quella di sfilarsi inosservato, di non farsi notare, scomparire».

Fra tanti popoli in fuga, cosa l’ha spinta a scegliere come protagonista una ragazza gitana?

«Mi è venuta in mente una ribellione profonda che sradica una persona giovane dal suo ambiente, famiglia, la estirpa e la manda allo sbaraglio. La gente gitana ha questi forti vincoli interni che rendono più violento lo strappo. Vissuta negli accampamenti, ha molte conoscenze pratiche, considera gli animali delle persone per esserci cresciuta insieme. Mentre la scrivevo mi affascinava».

La ragazza pratica la lettura della mano, la chiromanzia, anche lei che proviene dal paese della “smorfia” ama farsi scrutare le mani?

«Non mi attira la lettura delle mani o delle carte, mi basta la mia immaginazione. Ma sono pratiche antiche e tramandate, mi interessano per questo e attribuisco loro un valore nella storia delle civiltà».

La ragazza definisce povera la cultura priva del contatto fisico, cosa che ci è stata imposta negli ultimi anni; però incappiamo sempre più, specialmente se donne, in contatti fisici brutali, estremi, distruttivi.

«Le donne sono aggredite dagli uomini sconvolti dai rifiuti, dal fatto di essere respinti. La loro pretesa di possesso è uno dei sintomi della decadenza fisica e mentale del genere maschile. Gli uomini sono così immaturi da continuare a chiamarsi ragazzi tra di loro. Oggi è patetico appartenere al genere maschile. Essere vecchio è una specie di salvezza».

Pensa che questa sua storia sia adatta a un film o a un copione teatrale? Come proseguono i suoi giorni?

«Le trasformazioni di una mia storia scritta in altro genere di narrativa, radio, teatro, film, musica è una possibilità che non dipende da me. Per ora sto collaborando a una mia storia con una regista francese. Torno alla casa di campagna e preparo la legna per l’inverno». Ingresso libero

Si tiene oggi a Ravenna la terza edizione della Settimana di Teodorico con l’evento “La vasca del re”. A partire dalle ore 20 sono attesi i visitatori per una serata speciale al Mausoleo di Teodorico per ammirare, restaurata, la mirabile vasca romana in porfido d’Egitto. I lavori di restauro, durati circa sei mesi sotto gli occhi dei visitatori che accedevano alla cella superiore, sono stati eseguiti dal Laboratorio del Restauro di Ada Foschini sotto la direzione dell’architetta Sandra Manara, direttrice del sito Unesco. Per celebrare l’appuntamento si esibirà il Trio d’Archi David: Gloria Santarelli, Chiara Mazzocchi e Tommaso Castellano allievi della Fondazione Accademia Internazionale di Imola sotto la guida del maestro Farulli. Al termine brindisi e buffet saranno offerti da Laboratorio del Restauro. Accesso gratuito, senza prenotazione.

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